Ottocento rose antiche, mille piante di ruscus, oltre 1.200 viole, ma anche ciliegi, viti e meli cotogni: è questo il nuovo patrimonio vegetale messo a dimora nel giardino della Casa del Giardino di Ercole a Pompei, noto anche come Casa del Profumiere per l’attività di produzione di essenze che vi si svolgeva in età romana. L’area è stata inaugurata ufficialmente ieri mattina e sarà visitabile ogni martedì.

Una valorizzazione filologica del paesaggio pompeiano
L’intervento rappresenta un’operazione di ricostruzione filologica del giardino antico, resa possibile grazie al contributo tecnico dell’Associazione Rosantiqua, specializzata nello studio e nella coltivazione di piante storiche. L’iniziativa si inserisce nel più ampio progetto di valorizzazione del verde archeologico portato avanti dal Parco Archeologico di Pompei.

«A Pompei il paesaggio naturale e archeologico sono un tutt’uno. Questa fusione lo era in antico, e lo è tornata ad essere oggi grazie a una visione integrata della gestione del sito», ha dichiarato Gabriel Zuchtriegel, direttore del Parco. «Il verde, un tempo percepito come un problema di manutenzione, è oggi riconosciuto come elemento essenziale delle aree archeologiche e parte integrante dell’azienda agricola del Parco».

Archeologia, paesaggio e memoria olfattiva
La Casa del Giardino di Ercole, risalente al III secolo a.C., deve il suo nome a una statuetta marmorea del dio Ercole rinvenuta nel larario del giardino. L’abitazione, di tipo “a schiera”, è famosa anche per una scritta dipinta all’ingresso: cras credo (domani si fa credito), ironico motto che alludeva alla dilazione continua dei pagamenti.

Gli scavi sono condotti in più fasi: 1953-54, poi 1971-72 per il giardino, e ulteriori approfondimenti tra il 1985 e il 1988. Le indagini archeologiche hanno permesso di ricostruire la conformazione del quartiere all’epoca dell’eruzione del 79 d.C., evidenziando modifiche edilizie, accorpamenti e trasformazioni funzionali degli spazi. Diversi ambienti risultavano in fase di ristrutturazione al momento dell’eruzione, con materiali da costruzione ancora accatastati.

A partire dalla metà del I secolo a.C., l’intera Insula 8 finì progressivamente trasformata in un’area destinata a produzioni specializzate, tra cui si ipotizza la lavorazione di essenze e profumi, in linea con il ritrovamento di elementi botanici e vasellame correlato.

Il ruolo dei privati nella conservazione
Il progetto, sottolinea il direttore Zuchtriegel, è un esempio virtuoso di collaborazione tra pubblico e privato: «Le sponsorizzazioni tecniche e le partnership sono oggi uno strumento fondamentale per sostenere le attività di tutela e valorizzazione. Ringraziamo Rosantiqua per l’importante affiancamento in questa iniziativa».