Di cosa stiamo parlando esattamente oggi? Di una “festa”? La Festa del Lavoro? Non scherziamo. Non qui, non ora, non nel Sud, non nell’area vesuviana. Ma neanche nel CentroNord, dove la faccia pulita delle imprese copre spesso la stessa melma: lavoro sottopagato, ore infinite, contratti-truffa, e una dignità umana barattata con qualche euro in busta paga, qualora sia tutto in regola. Qui, oggi, non si festeggia un bel niente. Si conta. Si contano i morti sul lavoro. Le cosiddette “morti bianche”. Sapete da dove nascono? Dalla schiavitù. Sì, avete letto bene: schiavitù. Altro che sicurezza, altro che tutele: si muore perché si è schiavi, in cantieri senza regole, in fabbriche dimenticate, nei campi sotto il sole, nei locali dove si lavora a nero anche di notte.
E allora parliamone del lavoro povero. Povero in ogni senso, anche morale. Mille euro al mese, quando va bene, in cambio della vita intera. Turni festivi, straordinari non pagati, ferie inesistenti, contributi a singhiozzo. E se osi fiatare, sei fuori. Escluso. Espulso. È ricatto puro. Ed è legale, o quasi. Perché lo permettiamo. Perché ci hanno insegnato che “è già qualcosa avere un lavoro”. No, non lo è. Non è lavoro, se ti rende povero. Non è lavoro, se ti spezza. È sfruttamento.
Ma stavolta basta. Noi non ci voltiamo più dall’altra parte. Da oggi nasce la “Posta dei Lavoratori Poveri”: uno spazio, vero e concreto, dove raccontare quello che accade. Le vostre storie, le vostre umiliazioni, le vostre denunce. In forma anonima. Le pubblicheremo su Il Fatto Vesuviano e, dove necessario, le segnaleremo alle forze dell’ordine in accordo, naturalmente, con chi le scrive. Se volete, siamo con voi nella battaglia. Perché chi sfrutta deve cominciare ad avere paura. Perché il silenzio ha già ucciso abbastanza.
Scriveteci a info@ilfattovesuviano.it
Oggi, Primo Maggio, non celebriamo il lavoro. Celebriamo chi ancora resiste, chi nonostante tutto continua a rialzarsi. Ma soprattutto, da oggi cominciamo a lottare.