Una denuncia di abbandono e mancato rispetto dei diritti fondamentali arriva dalla famiglia di Paolo Piccolo, il 26enne detenuto napoletano aggredito brutalmente da altri detenuti nel carcere di Ariano Irpino lo scorso 24 ottobre. A seguito del pestaggio, il giovane è rimasto in stato vegetativo e attualmente è ricoverato presso l’ospedale Moscati di Avellino.

A lanciare l’allarme è Cira Russo, nonna di Paolo, insieme all’avvocato Costantino Cardiello e al Garante provinciale delle persone detenute, Carlo Mele, che evidenziano come lo Stato non solo non sia stato in grado di tutelarlo durante la detenzione, ma ora non riesca a garantire l’accesso a una struttura sanitaria adeguata per la riabilitazione.

«Dopo non aver saputo garantire l’incolumità di Paolo in carcere, lo Stato oggi non riesce ad assicurargli nemmeno il diritto alla vita e alla salute», ha dichiarato l’avvocato Cardiello.

Un processo in arrivo: dieci imputati per tentato omicidio
Sul fronte giudiziario, dieci detenuti sono rinviati a giudizio con le accuse di tentato omicidio e sequestro di persona in relazione all’aggressione avvenuta all’interno dell’istituto penitenziario. La prima udienza del processo è fissata per il prossimo 27 giugno.

Una vicenda che interroga il sistema penitenziario
Il caso di Paolo Piccolo riaccende il dibattito sulla sicurezza nelle carceri italiane e sulle condizioni sanitarie dei detenuti, soprattutto quando le cure richiedono strutture specializzate di difficile accesso. Ad oggi, nonostante le gravi condizioni cliniche del giovane, non è individuata una struttura idonea alla presa in carico del suo percorso riabilitativo.

La vicenda solleva pesanti interrogativi non solo sull’efficacia del sistema penitenziario nella tutela dell’incolumità dei detenuti, ma anche sulla capacità statale di garantire i diritti fondamentali delle persone sottoposte a restrizione della libertà.