Un testimone sarebbe stato corrotto poco prima della sua deposizione in un processo per omicidio. È uno dei dettagli emersi dall’inchiesta della DDA di Napoli che ha portato oggi all’arresto di 11 persone legate al clan D’Alessandro, storico gruppo camorristico attivo a Castellammare di Stabia.
I carabinieri del Nucleo Operativo di Torre Annunziata hanno eseguito le ordinanze cautelari, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea, notificando i provvedimenti emessi dal giudice per le indagini preliminari.
Le accuse: mafia, armi, pizzo e corruzione
Gli indagati sono gravemente indiziati — a vario titolo — di:
Associazione mafiosa
Estorsione
Detenzione e porto di armi da fuoco
Corruzione in atti giudiziari
Delitti aggravati dal metodo mafioso
Finalità di agevolare il clan D’Alessandro
Secondo le indagini, il clan avrebbe pagato un testimone per pilotare la sua deposizione in un processo legato a un omicidio. Un fatto che, se confermato, evidenzia ancora una volta la capacità del sodalizio di inquinare il regolare svolgimento della giustizia.
Nel corso dell’inchiesta sono emersi anche nuovi episodi di racket, con l’imposizione del pizzo a vari commercianti del territorio stabiese.
Un clan con radici profonde
Il clan D’Alessandro, originario della frazione Scanzano, è attivo a Castellammare dagli anni ’70. Ha segnato la storia criminale della zona con una sanguinosa faida contro gli Imparato negli anni ’80, che provocò oltre 70 morti, tra cui vittime civili rimaste coinvolte negli scontri a fuoco.
Il caso Tommasino e i vertici del clan
Al vertice dell’organizzazione, secondo gli inquirenti, ci sarebbe ancora Vincenzo D’Alessandro, attualmente detenuto e sotto processo come mandante dell’omicidio del consigliere comunale Luigi Tommasino, assassinato il 3 febbraio 2009 mentre si trovava in auto con il figlio.
In quell’inchiesta, coordinata anch’essa dalla DDA, furono arrestati nel maggio 2024 lo stesso D’Alessandro, Sergio Mosca (suocero del fratello Pasquale), e altre quattro persone.