Dalla teoria di uno studio attento nato alle pendici del Vesuvio, ai ciak delle riprese dei luoghi simbolo della Storia del Vesuviano. E’ così che Paesaggi Possibili, il testo curato dall’Istituto per la Diffusione delle Scienze Naturali, diventa un documentario. Un intreccio tra la storia, l’archeologia, l’antropologia, la botanica e la vulcanologia che dialogano nell’analisi dei fenomeni studiati.
Il documentario Paesaggi Possibili è un progetto artistico imbevuto di scienza, realizzato da Claudio Rodolfo Salerno, direttore dell’Istituto per la Diffusione delle Scienze Naturali e sarà proiettato per la prima volta il 9 Maggio, alle 17.00, presso l‘Istituto Italiano per gli Studi Filosofi, a Napoli.
Il documentario nasce come un’indagine visiva e sonora sul territorio vesuviano, frutto di un lavoro di relazioni condiviso con le popolazioni che lo abitano. Attraverso molteplici interventi, il progetto ha esplorato luoghi abbandonati, edifici consumati dal tempo e ruderi in cui il passato sembra essersi cristallizzato.
La regia di Claudio Rodolfo Salerno restituisce un’opera di quarantacinque minuti che fonde arte e scienza in un viaggio visivo e sonoro. Alla base del docufilm vi è il testo L’evoluzione del Paesaggio Vesuviano, curato dallo stesso direttore dell’Istituto per la Diffusione delle Scienze Naturali.
Il volume raccoglie osservazioni e riflessioni sull’evoluzione, naturale e antropica, del paesaggio vesuviano, prendendo come riferimento l’eruzione del 79 d.C., i cui effetti si estesero su un’area molto vasta.
Le prime riflessioni sulla realizzazione del testo risalgono al 2017 e si sono sviluppate in un contesto di dialogo tra studiosi, artisti e ricercatori culminando nel ciclo di conferenze Dialoghi sul Paesaggio Vesuviano del 2019.
“Paesaggi Possibili rappresenta l’estensione visiva e sonora di questa ricerca, poiché vi sono scenari in cui le parole non bastano: servono immagini, suoni e voci per restituire l’anima dei luoghi esplorati. Il progetto è un work in progress che continua a indagare spazi carichi di memoria e di tracce di vita vissuta. Ambienti domestici, botteghe abbandonate, oggetti quotidiani ormai consumati dal tempo: ogni dettaglio restituisce la presenza dell’uomo e il fluire della storia. Il documentario restituisce la dimensione estetica della fragilità, in un dialogo continuo tra luce e materia, dove il paesaggio abbandonato si rivela attraverso il gioco mutevole delle ombre e delle luci naturali. L’alba svela lentamente i contorni delle rovine, mentre il tramonto amplifica i dettagli, ridando voce a ciò che è stato.
Ma in questo processo di riscoperta si insinua una tensione: la modernizzazione, che spesso minaccia di svuotare i luoghi della loro memoria originaria. La ricerca si interroga su questa fragilità e sul rischio di perdere l’identità di un paesaggio in continua trasformazione”.