Dal 1° gennaio 2025 parte in via sperimentale la Prestazione Universale, misura pensata per rafforzare l’assistenza domiciliare agli anziani non autosufficienti. Il contributo mensile può arrivare fino a 850 euro, a cui si aggiunge la consueta indennità di accompagnamento, per un sostegno complessivo che intende alleggerire il costo della cura in ambito familiare. Tuttavia, nonostante l’apparente novità positiva, il beneficio è destinato solo a un numero molto ristretto di persone.

Cos’è la Prestazione Universale INPS
La nuova misura – prevista per il biennio 2025-2026 – è stata introdotta dal Governo Meloni nell’ambito di una riforma dell’assistenza agli anziani. L’obiettivo, almeno sulla carta, è quello di favorire la permanenza dell’anziano nel proprio domicilio, attraverso un contributo economico mensile da destinare a servizi di cura e assistenza personale.

La Prestazione Universale è esente da imposte e non pignorabile. Viene erogata mensilmente dall’INPS a partire dal primo giorno del mese in cui viene presentata la domanda e prosegue fino al 31 dicembre 2026, salvo proroghe future.

A chi è destinata
Il diritto al bonus è vincolato a requisiti molto stringenti, sia anagrafici che economici e sanitari. Possono fare richiesta gli anziani che:

percepiscono già l’indennità di accompagnamento;

hanno almeno 80 anni di età;

presentano un bisogno assistenziale di livello “gravissimo”, certificato dall’INPS, sulla base di valutazioni sanitarie e sociali;

hanno un ISEE sociosanitario non superiore a 6.000 euro annui.

Va sottolineato che il nuovo assegno sostituisce l’indennità di accompagnamento: i due benefici non sono cumulabili. Tuttavia, il richiedente può in seguito rinunciare alla Prestazione Universale e tornare a percepire l’indennità originaria, presentando una richiesta di revoca.

Quanto spetta
Il sussidio mensile è composto da due parti:

Quota base, corrispondente all’indennità di accompagnamento (aggiornata a 542,02 euro nel 2025);

Quota integrativa, detta “assegno di assistenza”, pari a 850 euro mensili nei limiti delle risorse disponibili.

La quota integrativa non può essere utilizzata liberamente: deve essere finalizzata esclusivamente al pagamento di servizi di assistenza domiciliare.

Come può essere utilizzata la quota integrativa
Il contributo extra di 850 euro può essere impiegato in due modalità alternative tra loro:

Per retribuire un assistente familiare (badante) con contratto regolare e un impegno minimo di 15 ore settimanali;

Oppure, per coprire i costi di servizi forniti da imprese e professionisti qualificati, come igiene personale, lavanderia, pasti a domicilio, pulizia della casa, supporto psicologico e altri interventi socio-assistenziali.

È importante precisare che le due opzioni non possono essere combinate nello stesso mese. Inoltre, l’uso della quota integrativa sarà sottoposto a verifiche trimestrali, e la mancata documentazione delle spese comporterà la decadenza dal beneficio.

Come fare domanda
L’erogazione della prestazione non è automatica. L’interessato deve presentare una specifica domanda online tramite il portale INPS, allegando:

la Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) aggiornata per il calcolo dell’ISEE;

la certificazione di bisogno gravissimo rilasciata dalla Commissione medico-legale dell’INPS;

la documentazione relativa all’indennità di accompagnamento.

L’INPS effettuerà controlli automatizzati sui dati presentati per valutare l’ammissibilità della richiesta.

Le principali criticità
Nonostante l’intento dichiarato di rafforzare l’assistenza domiciliare, la misura ha sollevato numerose perplessità. In primo luogo, il concetto di “bisogno gravissimo” rappresenta una barriera di accesso significativa. Questo livello viene determinato sulla base di una valutazione sanitaria e sociale che prende in considerazione le condizioni fisiche, familiari e abitative dell’anziano, mediante l’analisi di documenti medici e un questionario di autovalutazione.

In concreto, molti anziani affetti da patologie gravi – come le forme moderate di demenza – non rientreranno nei criteri previsti, restando esclusi dal beneficio. Secondo le stime, oltre 1,4 milioni di anziani non autosufficienti in Italia continueranno a non ricevere un sostegno specifico, nonostante l’evidente necessità di cure continuative.