Lacrime, commozione e un’unica richiesta: giustizia. Questa mattina, davanti al Tribunale per i Minorenni di Napoli, una folla di parenti, amici e conoscenti si è riunita per la prima udienza del processo a carico del 17enne accusato dell’omicidio di Santo Romano. Il delitto, avvenuto nella notte tra l’1 e il 2 novembre dello scorso anno a San Sebastiano al Vesuvio, scaturì da un motivo banale e assurdo: una lite nata per un paio di scarpe Gucci sporcate.

Una vita spezzata troppo presto
Santo Romano, 19 anni, era una giovane promessa del calcio. Militava come portiere dell’Asd Micri di Pomigliano d’Arco e aveva ancora tutta la vita davanti. Oggi, il suo volto campeggiava sulle magliette bianche indossate dalla madre Filomena De Mare, dalla fidanzata Simona e da tantissimi amici. Simona, con le lacrime agli occhi, stringeva tra le mani una delle scarpe da calcio di Santo, simbolo di un sogno spezzato troppo presto.

A ricordarlo, oltre agli striscioni e ai teli bianchi affissi al cancello del tribunale, anche le scritte cariche di dolore e rabbia:

“Se il tempo passa, il ricordo resta.”

“Napoli alza la voce per i giovani che non possono più sognare.”

“Se le lacrime potessero costruire una scala, vorrei camminare fino al cielo e riportarti a casa. Santo vive.”

Anche il sindaco di San Sebastiano al Vesuvio, Giuseppe Panico, ha voluto essere presente per esprimere la sua vicinanza alla famiglia.

Un’intera comunità chiede giustizia
Nel corso della mattinata, la folla è cresciuta. Due bus partiti da Volla, vicino Casoria – città in cui viveva Santo – sono giunti ai Colli Aminei, sede del tribunale. Tra i presenti c’era anche il deputato Francesco Emilio Borrelli, che ha espresso solidarietà alla famiglia.

La madre di Santo, accompagnata dal suo avvocato Marco De Scisciolo, ha lanciato un grido d’allarme:
“Penso che la gente sia stanca. La giustizia deve capire che la parte bella di Napoli, quella dei ragazzi puliti, che vanno a scuola, lavorano e vogliono solo divertirsi, non ne può più.”

Sullo stesso tono le parole di molte madri presenti fuori dal tribunale, preoccupate per il futuro dei propri figli: “Non vogliamo più che circolino armi. Quando i nostri figli escono la sera, siamo in ansia, abbiamo il terrore che possa accadere qualcosa.”

Processo a porte chiuse, attesa per la sentenza
L’udienza, svolta a porte chiuse, ha visto i giudici accogliere la richiesta di rito abbreviato per l’imputato. La discussione è stata rinviata al 29 aprile, data in cui è attesa la sentenza.

All’esterno, il clima si è fatto teso nel momento in cui alcuni giovani, manifestando solidarietà agli amici di Santo, hanno discusso animatamente con un gruppo di persone scambiate erroneamente per familiari dell’imputato.