Una vasta operazione dei Carabinieri del NAS, coordinata dalla Procura di Napoli, ha smantellato un’organizzazione criminale che si occupava della fornitura di falsi certificati medici a pagamento, con la complicità di medici legali, impiegati comunali e imprenditori di pompe funebri. Il blitz, che ha visto l’esecuzione di 67 misure cautelari, ha portato alla luce un giro d’affari di circa 35mila euro, con il sequestro di denaro e documenti falsificati.

Le cifre della truffa e il modus operandi
Secondo quanto emerso dalle indagini, i falsi certificati venivano rilasciati a pagamento, con tariffe fisse:

50 euro per una certificazione di morte naturale,
70 euro per il test del DNA necessario per ottenere l’autorizzazione alla cremazione.
Queste pratiche illegali erano gestite da 33 società di pompe funebri della zona, che collaboravano con medici legali e altri complici per bypassare le normali procedure burocratiche e sanitarie. Il generale Raffaele Covetti, comandante generale del NAS, ha confermato che il blitz è il risultato di un’accurata attività investigativa durata due anni, che ha coinvolto il Distretto di via Chiatamone a Napoli.

Indagini e falsificazioni
L’inchiesta è partita da alcuni casi di assenteismo di medici, successivamente approfonditi grazie ad attività tecniche e riprese video. Durante le indagini, è emerso che i medici legali non si recavano sul posto per constatare il decesso, come sarebbe previsto dalla legge. Invece, erano falsificati i certificati di morte naturale e le autorizzazioni per il trasporto della salma.

“Attestazioni e firme erano state falsificate”, ha dichiarato il comandante del NAS di Napoli, confermando l’ampiezza e la gravità del sistema illecito che coinvolgeva anche i certificati per il test del DNA, necessari per procedere alla cremazione.

Inoltre, falsi certificati erano rilasciati anche per ottenere pass per disabili. Secondo le indagini, alcuni imprenditori funebri erano in possesso di kit DNA tracciati, che normalmente possono essere utilizzati solo dall’ASL, ma che erano utilizzati illecitamente per velocizzare il processo di cremazione. Alcuni di questi kit sono sequestrati durante l’operazione.

Le accuse e le misure cautelari
L’inchiesta ha portato all’esecuzione di 67 misure cautelari, tra cui arresti in carcere e domiciliari, per associazione per delinquere, falso ideologico e materiale, corruzione e truffa aggravata. Tra gli indagati figurano cinque dirigenti medici, impiegati dell’ASL Napoli 1, impiegati comunali dell’Ufficio di Stato Civile e numerosi imprenditori delle pompe funebri.

“C’erano procacciatori per documenti falsi, emissione certificati ed emissione pass. Tutto documentato da video con passaggio di somme di denaro per accertamento del decesso”, ha spiegato il colonnello Alessandro Cisternino.

Speculazione sul business delle cremazioni
Gli inquirenti hanno ricostruito una rete che operava con l’intento di speculare sui certificati medici e ottenere guadagni illeciti a danno dei familiari delle persone decedute. In particolare, erano rilasciati falsi certificati di morte naturale per far fronte alla burocrazia, e falsificavano anche le condizioni sanitarie di persone in vita per ottenere contrassegni invalidi. Il costo di un falso certificato di morte naturale era 50 euro, mentre il test del DNA per la cremazione arrivava a 70 euro.