Il tragico episodio che ha visto la morte di Santo Romano, un giovane coinvolto in un gesto di solidarietà e difesa nei confronti di un amico, è solo l’ultimo di una lunga serie di eventi violenti che scuotono Napoli e le sue comunità. Simona, la fidanzata di Santo, con un cuore spezzato e solo 17 anni, racconta al sito di Repubblica Napoli di come il giovane abbia agito spinto da un profondo senso di giustizia e protezione, e piange mentre stringe la scarpa che il ragazzo indossava quella notte fatale.
«Voleva difendere un amico – racconta Simona – perché la scarpa calpestata non era la sua, ma quella di un amico. Santo ci teneva a difenderlo e a proteggerlo». Le sue parole sono cariche di dolore e determinazione: «Io lotterò per lui, per il suo nome. Perché Santo avrebbe fatto tante cose nella sua vita».
Lo zio di Santo, Carmine, conferma questa versione, sottolineando come il nipote sia stato ucciso per aver tentato di fare da paciere. Questo dramma non è un caso isolato; si inserisce in una triste scia di violenza giovanile a Napoli, dove episodi simili si sono verificati ripetutamente negli ultimi mesi. La città è ancora scossa dalla morte di Emanuele Tufano, appena 15 anni, ucciso mentre era in scooter, e da altri giovani come il musicista Giovanbattista Giogiò Cutolo e Francesco Pio Maimone.
Il deputato Francesco Emilio Borrelli ha lanciato un appello affinché chi commette tali atti non rimanga impunito: «Contro questi baby criminali, già pronti a uccidere a sangue freddo e senza ragione, bisogna reagire con fermezza. Nessuno resti impunito». Tuttavia, l’analisi politica di Sandro Ruotolo e Marco Sarracino (Pd) evidenzia come la sola repressione, esemplificata dal decreto Caivano, non sia sufficiente. È chiaro che una soluzione duratura richiede un intervento complesso, che combini fermezza legale con iniziative sociali e culturali per sottrarre i giovani all’abbraccio della criminalità.