Nel carcere di Montacuto ad Ancona, tre detenuti campani, tra cui un membro del clan Gionta di Torre Annunziata, sono sotto processo per aver utilizzato un cellulare all’interno della sezione di alta sicurezza. L’accusa è di accesso indebito a dispositivi di comunicazione da parte di soggetti detenuti, una pratica vietata per chi si trova recluso per reati di stampo mafioso e con condanne di lunga durata.
La Scoperta del Cellulare
La vicenda è emersa a seguito di una perquisizione avvenuta il 17 febbraio 2022, durante la quale il personale della polizia penitenziaria, inizialmente, non aveva rinvenuto nulla nella cella principale. Tuttavia, un controllo in un’altra stanza ha portato al ritrovamento di uno smartphone di ultima generazione, dotato anche di fotocamera, nascosto in un incavo dietro il bidet del bagno. Il dispositivo risultava utilizzato dai tre camorristi per mantenere contatti con l’esterno, scambiandosi il cellulare per comunicare principalmente con familiari e conoscenti.
Le Accuse e la Prossima Udienza
Secondo le indagini, i tre detenuti, due di Torre Annunziata e uno di Napoli, avrebbero utilizzato almeno sei SIM card diverse, alcune intestate a persone esterne al carcere e altre addirittura inesistenti o collegate a numeri spagnoli. Le chiamate effettuate dal cellulare erano principalmente rivolte a parenti, come nipoti e figli, ma anche a contatti stranieri.
Nel corso dell’udienza, tenutasi di fronte alla giudice Francesca Grassi, sono ascoltati il dirigente della polizia penitenziaria, un poliziotto coinvolto nelle perquisizioni e un addetto alla manutenzione che ha rinvenuto il cellulare. La prossima udienza è fissata per il 21 gennaio, durante la quale gli imputati saranno sottoposti ad esame per chiarire il loro coinvolgimento e le modalità di utilizzo del dispositivo.
Misure di Sicurezza e Trasferimento
I tre detenuti, originariamente reclusi nella sezione di alta sicurezza di Montacuto, sono stati trasferiti in altre strutture carcerarie, a seguito della scoperta. Il processo riflette l’attenzione crescente verso il fenomeno dell’utilizzo illecito di dispositivi di comunicazione in carcere, un problema che espone le strutture a rischi significativi di interferenze esterne e di mantenimento di contatti tra detenuti mafiosi e organizzazioni criminali.