Questa mattina i Carabinieri della Stazione di Afragola hanno dato esecuzione a una misura cautelare della custodia in carcere emessa dal Tribunale di Napoli Nord nei confronti di sei persone per rapina aggravata in concorso e di violenza sessuale. Il provvedimento cautelare costituisce l’epilogo di una attività di indagine avviata ad aprile scorso dopo la denuncia presentata da due uomini residenti ad Afragola vittime di una rapina commessa da due uomini con i volti coperti e armati di mazze e coltello, che dopo aver fatto irruzione nella loro abitazione, sfondando la porta di ingresso, si erano impossessati di un telefono cellulare e tentato invano di impossessarsi anche di un altro telefono dandosi poi alla fuga.

I due religiosi finiti in carcere nell’ambito dell’inchiesta su rapina e abusi sessuale ad Afragola sono padre Domenico Silvestro, parroco della basilica di Sant’Antonio di Afragola, in provincia di Napoli, e padre Nicola Gildi, all’epoca dei fatti di stanza nella stessa parrocchia e oggi rintracciato dai carabinieri nel convento «Santa Maria Occorrevole» di Piedimonte Matese (Caserta).

Le indagini hanno consentito di identificare in breve tempo gli autori della rapina e di accertare sia i loro mandanti che il movente. Diverse le anomalie del colpo, ricondotto dalle vittime a pregressi rapporti con alcuni frati del territorio campano e ad abusi e violenze sessuali subite. Sulla base delle dichiarazioni rese erano attivate operazioni di intercettazione telefonica e acquisite le immagini dai sistemi di video sorveglianza presenti lungo il percorso seguito dai rapinatori indicato dettagliatamente dalle vittime.

Le indagini hanno permesso di accertare il contesto in cui era maturata la rapina e di acquisire riscontri alle dichiarazioni rese dalle vittime anche sulle violenze sessuali subite all’interno di alcuni monasteri tra i quali la Basilica di Sant’Antonio di Afragola nonché di svelare il motivo per il quale i rapinatori avevano rubato esclusivamente il telefono cellulare e non anche altri oggetti e denaro pur presenti nell’abitazione.

Dalle intercettazioni è emerso che la rapina era stata commessa per sottrarre alle due vittime i telefoni in cui erano memorizzate immagini e chat imbarazzanti che avrebbero potuto creare seri problemi ad alcuni frati dei monasteri in cui avevano lavorato le vittime. Non solo.  A dare il mandato per compiere la rapina sarebbe stato il parroco di Afragola.

Acquisita, nel corso dell’attività investigativa, una lettera scritta dagli avvocati delle vittime della rapina e diretta ai frati superiori con la quale, nel sollecitare il pagamento delle somme relative alle prestazioni lavorative eseguite nei monasteri fino a quel momento non corrisposte, si faceva riferimento anche a rapporti sessuali subiti dalle vittime in cambio di assistenza di carattere sociale (abiti, alimenti e quant’altro necessario alla loro sopravvivenza) e lavorativa (assicurando loro un impiego retribuito in ogni luogo di culto in cui i due frati si trovavano a svolgere le proprie funzioni religiose.

Tra gli arrestati un frate che, spinto dal forte timore di affrontare le conseguenze di una denuncia sporta dalle vittime delle violenze supportata da chat, video e messaggi, si era rivolto a suoi conoscenti per sottrarre i telefoni alle vittime.