Le indagini condotte dai finanzieri di Castellammare di Stabia hanno portato a sette arresti e al sequestro di sei agenzie illegali di scommesse, in un’operazione volta a contrastare le attività criminali legate alla camorra e alle scommesse clandestine nel territorio di Castellammare di Stabia e Sant’Antonio Abate. Le agenzie illegali di scommesse, intestate a tossicodipendenti e disoccupati, erano utilizzate come strumento per riciclare i proventi illeciti provenienti dalle scommesse clandestine e dalle estorsioni. Inoltre, alcune di esse erano coinvolte nell’autoriciclaggio dei capitali accumulati in modo illecito. Gli inquirenti hanno scoperto che la camorra forniva ai prestanome cinque euro al giorno per intestare le agenzie a loro nome, sfruttando la loro situazione di vulnerabilità.
Le accuse contestate ai 17 indagati, sette dei quali arrestati, includono associazione per delinquere, trasferimento fraudolento di valori, autoriciclaggio ed estorsione, tutte aggravate dal metodo mafioso.
Le attività commerciali del clan D’Alessandro, tra cui le agenzie di scommesse e gli internet point, erano utilizzate anche per il riciclaggio del denaro ottenuto tramite il pagamento del “pizzo” imposto ai commercianti della zona. Il clan utilizzava anche tattiche di estorsione, chiedendo denaro ai negozianti in cambio di gadget e materie prime, senza sempre fornire quanto promesso.
Le indagini hanno evidenziato che le agenzie di scommesse clandestine si avvalevano della collaborazione di broker, sia italiani che stranieri, per la raccolta delle puntate clandestine. Il clan D’Alessandro, a sua volta, riciclava gli incassi provenienti dalle scommesse clandestine attraverso le sue attività imprenditoriali intestate a prestanome.
Tra i sette arrestati figura Michele D’Alessandro junior, 31enne e figlio di Luigi, nonché nipote omonimo del defunto capoclan di Scanzano. Secondo le autorità antimafia, i sei internet point presenti a Castellammare di Stabia e Sant’Antonio Abate sarebbero tutti riconducibili al clan D’Alessandro, sebbene fossero intestati a prestanome e sembrassero essere gestiti da individui insospettabili.