A cinque mesi dall’incriminazione per corruzione e rivelazione di segreto d’ufficio, l’ex Garante provinciale dei detenuti, Emanuela Belcuore, è condannata a 1 anno e dieci mesi. L’accusa della Procura di Santa Maria Capua Vetere sostiene che Belcuore avrebbe favorito un detenuto in cambio di denaro e scarpe di lusso. La sentenza, emessa senza possibilità di appello, pone fine a un procedimento veloce, ma il caso coinvolge ancora due altri indagati: Mario Borrata, il detenuto coinvolto, e la sorella di quest’ultimo, Sara.
Il Contesto Giudiziario:
La condanna di Belcuore è giunta a seguito di un’accusa di corruzione e rivelazione di segreto d’ufficio. L’ex Garante provinciale dei detenuti è stata accusata di aver favorito un detenuto, Mario Borrata, in cambio di compensi finanziari e lusso. La condanna, di 1 anno e dieci mesi, è sospesa a dicembre, e la sentenza non prevede possibilità di appello.
Coinvolgimento di Altri Indagati:
Il caso coinvolge anche Mario Borrata, il detenuto con cui Belcuore aveva precedentemente avuto una relazione, e la sorella di quest’ultimo, Sara. La Procura di Santa Maria Capua Vetere sostiene che la Belcuore abbia intrattenuto conversazioni telefoniche con Borrata, avvisandolo delle perquisizioni e cercando, senza successo, di ottenere benefici per il detenuto attraverso la direttrice e il magistrato Puglia. In cambio di tali favori, Belcuore avrebbe ricevuto mille euro e un paio di scarpe di lusso.
Le Dimissioni e la Difesa di Belcuore:
La vicenda ha portato alle dimissioni di Belcuore il 4 luglio dell’anno scorso, dopo che gli accertamenti a suo carico erano iniziati a luglio, con la perquisizione e il sequestro del cellulare. L’Avvocato Claudio Sgambato, difensore di Belcuore, ha dichiarato che la sua cliente ha accettato la pena con sospensione condizionale per porre fine al processo e continuare la sua attività senza ulteriori complicazioni legali ed economiche.
Belcuore ha ammesso alcuni errori ma ha negato molte delle accuse mosse contro di lei, sostenendo che, come Garante, non ha mostrato irregolarità e si è sempre dedicata ai diritti dei detenuti. La sua dimissione è motivata dal desiderio di non danneggiare l’istituzione e i detenuti, e le non è contestato l’ingresso di telefoni in carcere.