Andrea Rampazzi, 28 anni, ci racconta la sua esperienza, da ragazzo ambizioso cresciuto nella provincia di Napoli a wrestler del Bologna Wrestling Team.
Descriviti in breve. Chi è Andrea Rampazzi?
Andrea Rampazzi è un sognatore, un ragazzo ambizioso cresciuto a Quarto Flegreo, che è un paese molto limitato. Questo ha accresciuto la mia ambizione e il mio interesse per il mondo, credo sia ciò che mi ha spinto ad imparare sempre cose nuove. Inoltre, ho sempre sentito dentro di me questa voglia di diventare un one man show, e questo poi mi ha portato sul ring, perché di base un wrestler prima di essere un lottatore è un intrattenitore, tutto ciò che fa, lo fa per il pubblico.
Lo sport ha sempre occupato un ruolo fondamentale nella tua vita?
Assolutamente sì, lo sport per me è fondamentale. Lo sport è la vita. Io non m’immagino la mia esistenza senza lo sport. Credo che, in particolar modo per i ragazzi sia formativo. Ad esempio, negli sport di squadra s’impara a fidarsi dei propri compagni e questa è una cosa che ho appreso giocando a basket da ragazzino. Inoltre, lo sport ti insegna a perdere, ed è un aspetto molto importante nella vita, perché ti porta a lavorare su te stesso e su ciò che ti ha portato a perdere, ti spinge a migliorarti per vincere in futuro.
Maxy Toy boy, The Italian Love Machine è il tuo nome sul ring e sui social. Ci spieghi perché proprio questo nome? Ti piace provocare?
La provocazione mette a nudo le persone. È facile valutare una persona in un ambito in cui eccelle, mentre si trova nella sua comfort zone… ma se provi a provocarla in un ambito in cui lei non ha il controllo e può subire la situazione lì può scoprire molto di lei. Il wrestling è un’arte, in cui si mescolano varie discipline, quando ho cominciato a combattere nell’ottobre del 2019 io impersonavo un po’ la parte del giullare, del bonaccione. Il mio personaggio iniziale si chiamava Maxibono, entrava in scena con la canzone del Maxibon e cercava di far divertire il pubblico.
In realtà però sentivo che non mi rispecchiava, sarà per indole ma mi riusciva più facile fare il provocatore, il cattivo. Ho cominciato a lavorare di più sul mio corpo, perché il mio scopo era quello di diventare proprio la macchina d’amore italiana e andare in giro a provocare il genere femminile. Una volta, durante un incontro a Malta ho fatto litigare una seduta coppia tra il pubblico…
Cosa ti ha spinto verso questo sport?
Quando avevo 8 anni, mi capitava di guardare il wrestling in tv con mio padre e mi sentivo affascinato da quei personaggi carismatici, con quei corpi potenti da lasciar senza fiato. Sai da bambino, senza sapere come effettivamente funzionava il tutto, ti veniva da pensare “caspita, vorrei essere come loro”. Crescendo poi ho maturato il “ma quindi posso farlo”, e quando mi resi conto che a Bologna c’è un’accademia di wrestling decisi di iscrivermi.
Sarebbe azzardato chiederti chi era il tuo personaggio preferito all’epoca?
Rey Mysterio.
Che tipo di stile di vita devi condurre per competere in questo campo?
Chiaramente devi essere un atleta, allenarti in palestra con costanza, e seguire un regime alimentare adatto al personaggio. Maxy Toy Boy, richiedeva una dieta perfetta, equilibrata.
Che significa “adatto al personaggio”? Tra i tuoi colleghi in palestra c’erano persone che seguivano allenamenti e regimi diversi dal tuo?
Certamente si. Ogni personaggio richiede una forma fisica adeguata. Di solito, se ti capita d’impersonare un bruto non ci si aspetta da te che tu abbia gli addominali definiti, basta che tu sia robusto. Io recitavo la parte di chi poteva potenzialmente rubarti la ragazza, dovevo essere bello.
Quante ore ti alleni in palestra?
Attualmente mi alleno almeno 8 ore a settimana, ma sono in pausa dal wrestling perché sto studiando all’Accademia di Policinema di Bologna per diventare attore. Ma credo comunque che allenarsi sia importante, poiché nel momento in cui lo spettatore paga un biglietto per venire a vedermi, io ho un obbligo verso di lui. Io sono obbligato a presentarmi con la migliore forma fisica possibile, con il miglior costume possibile. Devo dare l’impressione di uno che lavora su se stesso.
Da un punto di vista psicologico quanto pensi di aver dovuto lavorare su te stesso?
Da bambino ero molto timido, ero balbuziente. Non riuscivo a farmi notare e ne soffrivo, mi capitava di pensare “ ah, vorrei essere come…”, anche se mi sono sempre reputato di bell’aspetto. Col tempo ho cominciato a lavorare su me stesso come lavoravo sul mio corpo, per creare un’immagine di me che fosse in linea con ciò che la gente guardava. Per quanto riguarda il ring, s’impara a collaborare con l’avversario, non si lavora mai da soli ma sempre in due. Un giorno il mio allenatore, Red Scorpion, mi disse “Io in te vedo qualcosa”, e lì capì che dovevo impegnarmi perché non volevo deludere né lui, né il mio avversario. Forse è stato questo che mi ha aiutato a gestire lo stress.
Capita di subire infortuni? In generale, lo definiresti più pericoloso di altri sport?
Certamente, io ora sto praticando football americano ed è molto semplice rompersi una gamba, magari un polso… però sono cose in cui si recupera dopo. Nel wrestling ci si può restare paralizzati. Io ho avuto due trauma cranici, il primo in allenamento e ne ho ancora un blackout, e il bello è che capitò pochi giorni prima del mio debutto. Il wrestling è sofferenza.
Cosa si prova a stare sul ring?
Un’adrenalina assurda. Stare sul ring, è il risultato di tanti sforzi e sacrifici, perché bisogna allenarsi tanto a starci, soffrire anche di più.
Nomini la sofferenza di continuo, sembra quasi un punto comune con la religione.
Io sono agnostico, ma posso dirti che molti lottatori sono credenti. Nel wrestling bisogna essere predisposti alla sofferenza, perché per il pubblico siamo pronti a prenderci di tutto. Per un periodo io ho avuto il fegato ingrossato, perché a causa dei dolori prendevo tanti antidolorifici. Il bello è che bisogna imparare ad essere performante nonostante il dolore, che da fisico diventa psicologico spesso. È difficile mantenere l’equilibrio mentale, molti decidono di affidarsi a Dio per questo. Io sono riuscito a superare i miei infortuni con il pensiero che purtroppo trattandosi di uno sport abbastanza pericoloso, tutto fa parte del percorso.
Raccontaci qualcosa di divertente che ti è capitata sul ring…
Mi sono spaccato la faccia…
E lo hai trovato divertente?
Ero in Austria, ho preso un colpo in faccia e mi è rimasto un taglio che di persona ancora si nota. Presi un calcio proprio durante un’azione, ma ne valse la pena perché il match risultò meraviglioso. Ci fu tanto di scenografico…