Nel corso del processo in corso a Santa Maria Capua Vetere, che coinvolge 105 imputati tra agenti penitenziari, funzionari del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap) e medici dell’Asl di Caserta, un detenuto di nome Alessandro Marino ha raccontato episodi scioccanti di abusi subiti durante il lockdown per il Covid. Le testimonianze di Marino e di altri detenuti hanno messo in luce una serie di violenze perpetrate all’interno del carcere il 6 aprile di tre anni fa. Gli agenti penitenziari hanno costretto i detenuti a denudarsi più volte, a eseguire flessioni, a tagliarsi la barba e li hanno presi a bastonate, pugni nello stomaco e schiaffi, mentre li insultavano e deridevano.
Marino, che si è costituito parte civile nel processo, ha riferito che quella giornata era iniziata come qualsiasi altra, ma alle 15:30 le celle non sono aperte come al solito. Iniziarono a sentire le urla dei compagni e si resero conto che qualcosa di terribile stava accadendo. Gli agenti, armati di caschi, manganelli e passamontagna, provenivano dal carcere di Secondigliano e avevano l’obiettivo di reprimere la protesta pacifica dei detenuti in merito al Covid.
Marino e altri tre compagni erano costretti a spogliarsi e fare flessioni, poi finirono colpiti con i manganelli. Successivamente fatti svestire e picchiati ripetutamente. Marino racconta di essere stato preso di mira da un poliziotto alto e grosso che lo ha colpito con schiaffi violenti a due mani.
Le testimonianze di queste violenze hanno scosso l’opinione pubblica e sollevato preoccupazioni sulla condizione dei detenuti e sul comportamento delle autorità carcerarie. Il processo in corso cercherà di far luce su questi gravi abusi e di garantire che i responsabili siano chiamati a rispondere delle loro azioni.