Il caso della morte di Gilda Ammendola, la giovane di 32 anni trovata impiccata nel carcere di Fleyry-Mèrogis a Parigi, sta attirando l’attenzione della Procura di Roma, che ha aperto un’indagine per istigazione al suicidio. La morte di Gilda è considerata anomala poiché, meno di 24 ore prima di impiccarsi in cella, aveva chiesto alla sua famiglia di inviarle effetti personali per la detenzione. Secondo l’avvocato Domenico Scarpone, a cui si è rivolta la famiglia di Gilda per capire cosa sia successo in quel brevissimo lasso di tempo, la Procura di Roma ha disposto l’autopsia della donna per cercare di fare chiarezza sulla vicenda.
La morte di Gilda, originaria della zona tra Portici ed Ercolano, è un duro colpo per la sua famiglia, che non conosce nemmeno il motivo per cui la giovane è finita arrestata. Il fascicolo relativo e quello dell’autopsia non sono ancora messi a disposizione, e la famiglia ha chiesto un nuovo accertamento per capire come sia possibile che la ragazza abbia prima chiesto l’invio di effetti personali e poi abbia deciso di uccidersi.
L’autopsia, inizialmente programmata per il 7 marzo, è rinviata per motivi tecnici, ma la famiglia di Gilda spera che possa fornire loro le risposte che cercano.
In ogni caso, il caso di Gilda Ammendola solleva una serie di questioni riguardo alla salute mentale dei detenuti e alla capacità dei sistemi carcerari di prevenire il suicidio. È importante che le autorità competenti indaghino in profondità su questa vicenda per capire cosa sia successo e per garantire che situazioni simili non accadano in futuro.