«Mio fratello è molto forte, ma più passa il tempo e più si fa dura» ha dichiarato Giovanni Ruotolo, che con il padre Alfonso venerdì era fuori dalla porta dell’aula, sabato in visita al carcere a Belluno e ieri, dopo 24 ore di attesa, ancora nei corridoi di palazzo di giustizia. «Sa di non essere stato lui, di essere accusato ingiustamente e mantiene comunque il suo equilibrio» ha proseguito Giovanni con ammirazione verso il fratello, Giosuè Ruotolo, il 27enne di Somma Vesuviana detenuto con l’accusa di avere ucciso Trifone Ragone e la fidanzata Teresa Costanza.

E anche ieri (nella prima giornata senza la presenza di parenti delle vittime) all’ingresso di Giosuè – scrive Il Messaggero Veneto – l’occhiolino e le consuete, veloci strette di mano a padre e fratello hanno sancito il legame indissolubile e l’unità d’intenti che dal primo giorno contraddistinguono la famiglia Ruotolo. Seduto dietro i legali della difesa, papà Alfonso, che a differenza del secondogenito non dovrà testimoniare, ha potuto seguire tutti gli interventi.

Al termine, si è avvicinato ai cronisti: «Vi faccio una richiesta: potete scrivere che dopo otto udienze nessuno ha ancora dichiarato di aver visto mio figlio sul luogo del delitto?». «Il tutto mentre l’imputato abbandonava l’aula – riporta il quotidiano di Pordenone – diretto verso la sua cella a cinque del carcere di Belluno. Da questa mattina, in attesa della ripresa dei lavori, prevista per il 16 dicembre, Giosuè ricomincerà il suo tran tran, fatto di sei pasti al giorno, scarse letture e tanto sport».

«È vero, mangia sei volte al giorno – ha confermato il fratello Giovanni – anche perché non è che abbia molto da fare. Ha messo su peso e questo nonostante faccia attività e giochi a volley, oltre che a biliardino. Fuori, prima dell’arresto, c’erano le partite di calcetto, ma ora non è più possibile partecipare». «Gli abbiamo dovuto portare abiti nuovi – ha aggiunto papà Alfonso – perché quelli che aveva erano diventati stretti».