Un’ora e 19 minuti di faccia a faccia. Da una parte una madre privata di un figlio e della futura nuora, dall’altra un ragazzo accusato di duplice omicidio. A raccontare la giornata di ieri in aula è Il Messaggero Veneto che ha seguito la quinta udienza del processo per l’uccisione di Teresa Costanza e Trifone Ragone.

Di fronte ai giudici della Corte d’assise di Udine, Eleonora Ferrante, madre del militare ucciso, che si è seduta sul banco dei testimoni e fino alle 13.11 ha risposto alle domande del pm Vallerin su suo figlio, i rapporti con Teresa, eventuali dissapori tra i coinquilini e in particolare quel ragazzo, Giosuè Ruotolo di Somma Vesuviana, che nelle 48 ore successive al delitto, anziché limitarsi alle condoglianze, avrebbe chiesto conto di quel “buco” , 20 euro, non saldato dal figlio prima di morire.

«Mio figlio era morto da due giorni e lui venne a chiedermi 20 euro» ha dichiarato la donna. E lui, Giosuè, per la prima volta in aula ha perso l’ormai tradizionale aplomb, scuotendo le spalle, negando, discutendo animatamente coi suoi legali, avvocati Esposito e Rigoni Stern. «I ragazzi erano innamorati. Erano all’unisono. Noi eravamo contenti della loro serenità». Ha detto la mamma del militare pugliese ucciso insieme alla fidanzata Teresa Costanza la sera del 17 marzo 2015 nel parcheggio del palazzetto dello sport.

Dopo la madre di Trifone, preceduta dalle testimonianze sulle indagini rilasciate dai marescialli dei carabinieri Paolo Lodesani, Michele Bianchet ed Enrico Genovese, è stato introdotto il testimone Andrea Capuani, indagato in un procedimento parallelo per reticenti dichiarazioni al pm. L’uomo presente nel parcheggio al momento del duplice delitto, era stato individuato solo attraverso le celle telefoniche e le intercettazioni ambientali sull’auto.