Torna d’attualità la vicenda del presunto falso avvocato di Poggiomarino a cui nei giorni scorsi la polizia di San Giuseppe Vesuviano aveva chiuso lo studio oltre a sequestrare circa cento pratiche che gli erano state affidate dai clienti. Il legale, infatti, non era poi così finto o almeno non lo era nel modo attraverso cui l’avrebbero descritto le forze dell’ordine.
Dai documenti mostrati infatti dal suo difensore, l’avvocato Alfredo Serafino, viene dimostrato che il suo cliente aveva effettivamente conseguito la regolare abilitazione per svolgere la professione. C’è in tal senso un atto della Corte di Appello di Napoli in cui si dice che A. T. G., 47 anni, ha effettivamente superato gli esami nel 2011 con un punteggio totale di 270 su 450. Insomma, pienamente nella media. Perché dunque l’azione della polizia di Stato su segnalazione di altri legali cittadini? Si ipotizza in tal senso la mancata iscrizione all’Albo professionale che comunque non permetterebbe di esercitare, cosa ad ogni modo molto diversa dall’assenza di abilitazione o addirittura di laurea come avvenuto talvolta.
In questo caso, infatti, basterebbe semplicemente andare all’Ordine di riferimento, mostrare il certificato di abilitazione e pagare. Poi c’è la Cassa Forense che costa quasi quattromila euro l’anno e che potrebbe essere il motivo ad avere spinto il legale A. T. G. a non iscriversi mai. La quota infatti non cambia neppure a seconda del reddito e per molti può essere un vero e proprio salasso da sopportare vista anche la folta presenza di avvocati sullo stesso territorio. Ma in questo caso si resta nel campo delle ipotesi perché in realtà quanto si siano detti “il finto avvocato”, il suo difensore e chi indaga non è stato reso noto.
L’unica certezza è che a breve il 49enne potrà tornare alla sua normale attività, riattaccando quella targa alla porta del suo ufficio che gli era stata svitata dagli agenti sangiuseppesi qualche settimana fa. Un episodio che destò parecchio clamore a Poggiomarino, dove tra la popolazione partì quasi una sorta di “caccia al mostro” per provare ad identificare la persona coinvolta. Giorni in cui molte persone chiamarono i propri avvocati civilisti per capire se tutto fosse in ordine e se ci fossero problemi in merito ai loro procedimenti giudiziari.