Un altro modo per finanziare i clan: bombe artigianali realizzate da persone vicino alla camorra e che erano in grado di esplodere a distanza, anche attraverso un tasto del telefonino. E le prove per verificare l’efficacia di una “partita” di ordigni venivano effettuate nelle campagne di Poggiomarino, lontano dall’abitato anche se i boati erano poi udibili per un lungo raggio e fino naturalmente alle case.

A scoprire tutto sono stati gli investigatori che stanno lavorando sullo spaccio di droga al Piano Napoli, la stessa organizzazione che secondo quanto emerge dalle intercettazioni è poi quella che preparava e vendeva gli ordigni in Africa o in altri Paesi islamici per duemila euro al pezzo. Si tratti di esplosioni e di conversazioni che risalgono al periodo intorno al 2011, quando appunto al telefono si parlava delle prove degli ordigni artigianali e dei contatti per venderli.

Ma insieme alle bombe, il clan commerciava anche semplicemente armi, in particolare pistole con matricola abrasa. Nei tabulati telefonici si parla di prezzi intorno a 500 e 700 euro, con “canne da fuoco” che venivano ceduta praticamente a chiunque riuscisse a stabilire un contatto. In una delle intercettazioni si fa riferimento ad un “tossico senza scrupoli”.