Dice di essere stato costretto a farlo, picchiato e minacciato, ma di non essere a conoscenza delle intenzioni di Eugenio D’Atri e Nicola Zucaro di volere uccidere Francesco Tafuro e Domenico Liguori. Ha confessato, dunque, Domenico Altieri (nella foto), 32enne originario di Casalnuovo. È stato lui ad accompagnare i ragazzi in via Olivella all’incontro in cui sono stati freddati come due boss perché vantavano un debito di gioco relativo alla loro attività commerciale.

Ecco quanto messo a verbale rispetto alle dichiarazioni di Altieri: «Lunedì immediatamente prima dell’omicidio, Eugenio D’Atri venne da me e mi disse che dovevamo andare a prendere Francesco Tafuro nella sua agenzia Intralot e portarlo da lui che doveva parlargli. Non mi disse di cosa dovesse parlargli ma mi rifiutai poiché non avevo tempo. D’Atri si arrabbiò e mi picchiò. Il successivo carnevale tornò a casa mia D’Atri e disse di nuovo che doveva andare a prendere Francesco, il quale già sapeva che d’Atri voleva parlare con lui. Lui venne a casa mia con un tale Nicola del quale non conosco il cognome che viene soprannominato “’o piccioli”. Erano le 20. Accettati e andai con un Sh nero a Somma Vesuviana. Volevo portare Tafuro a casa mia ma d’Atri mi disse che era pericoloso e di andare in una stradina dove poi sono stati ammazzati».

E ancora: «Ho accompagnato i ragazzi all’appuntamento e quando siamo arrivati D’Atri e Nicola non erano ancora arrivati. Io ho detto ai ragazzi di aspettare che li andavo a chiamare ma proprio in quel momento sono arrivati nella mia macchina che io avevo prestato a D’Atri. Io ero fuori alla stradina e i ragazzi erano già dentro la stradina. D’Atri e Nicola sono entrati e hanno iniziato a conversare mentre io facevo avanti e indietro lungo la stradina. Dopo pochi minuti ho sentito parecchi spari e mi sono pietrificato dalla paura. A quel punto la mia macchina con D’Atri e Nicola mi è venuta incontro e D’Atri che era sempre alla guida mi ha porto una busta di carta, tipo quelle che si usano per i regali dicendo che l’avrebbe presa il giorno dopo. Io gli dissi: “Ma che hai combinato”, e lui non mi ha risposto. Quella macchina l’ho demolita ma Eugenio me l’ha ricomprata. So che Eugenio scommetteva ed era sua abitudine mettere le vincite su Facebook, io per suo conto vendevo cocaina in cambio di cento euro a settimana».