«Sabato non voleva uccidere, cercheremo di fare passare la linea dell’omicidio preterintenzionale». È quanto è stato raccolto a Viterbo, all’esterno del tribunale, dove alla sbarra ed in carcere al momento con l’accusa di omicidio volontario c’è Sabato Louis Francesco Battaglia, figlio del superkiller pentito, e morto suicida, Martino Galasso. È stato lui, infatti, ad ammazzare Federico Venzi, il 43enne ubriaco che aveva molestato il giovane mentre girava nel centro cittadino con la sua ragazza. Il giovane originario di Poggiomarino, e che aveva cambiato nome dopo il pentimento del padre, dapprima era andato via poi ha risposto con una raffica di calci e pugni fino a colpire la vittima anche quando ormai era stramazzata al suolo.

Secondo gli investigatori, inoltre, lo stesso Sabato e la fidanzata sarebbero inoltre colpevoli di non avere chiamato immediatamente i soccorsi. Se subito trasportato in ospedale, l’uomo probabilmente si sarebbe salvato: motivo per cui è indagata a piede libero anche la compagna 22enne di Battaglia con l’accusa di favoreggiamento. Intanto lo stesso 23enne poggiomarinese, nipote del superboss Pasquale, ha confessato il delitto davanti alle forze dell’ordine. Anch’egli ha riferito di non essere stato intenzionato ad uccidere, ma soltanto a volere dare una lezione all’uomo, che in compagnia di un marocchino, continuava ad importunare pesantemente chiunque passasse da quelle parti.

«Volevo solo che ci pensasse due volte prima di ubriacarsi nuovamente e di mettersi ad infastidire le persone», avrebbe detto il giovane, che intanto oggi sarà ascoltato per l’interrogatorio di garanzia utile a confermare o meno l’arresto avvenuto all’alba di domenica. Battaglia sarà accompagnato naturalmente dal suo legale che già in questa sede proverà a fare capire ai giudici che il 23enne di Poggiomarino non aveva intenzione di togliere la vita a Venzi, deceduto invece proprio per il pestaggio subito e soccorso soltanto dopo ore, quando alcune persone di passaggio hanno visto il corpo a terra in una pozza di sangue. La corsa in ospedale è però stata del tutto inutile, perché il 43enne è spirato subito dopo essere giunto al pronto soccorso. Intanto la vicenda della camorra vesuviana di casa a Viterbo da ormai quasi quindici anni ha prodotto non poco clamore nella località laziale.

I media si sono messi alla ricerca dell’abitazione della famiglia Galasso, che è poi quella in cui il killer Martino si era tolto la vita impiccandosi ad una ringhiera. Le immagini della palazzina in cui vivono tuttora i congiunti dello spietato sicario del clan poggiomarinese stanno facendo il giro delle televisioni e dei giornali cittadini. Adesso, infatti, il programma di protezione per i familiari di Martino Galasso è ormai concluso, ma nonostante ciò i cittadini di Poggiomarino hanno deciso di continuare la loro vita a Viterbo. Adesso questo caso di cronaca che coinvolge gravemente il figlio del killer: in passato il 23enne aveva già accumulato un campo di imputazione per rissa aggravata.