Era stato condannato a sedici anni per l’omicidio di un connazionale avvenuto a San Giuseppe Vesuviano nel 2009. Ad essere ucciso fu un cinese che, secondo la ricostruzione degli inquirenti, aveva partecipato a una violenta rissa avvenuta pochi giorni prima in un ristorante orientale in via Filzi a Prato. La rissa vide contrapposte due bande rivali che, evidentemente, si giurarono vendetta. Pochi mesi dopo, uno dei cinesi che aveva partecipato alla rissa fu ucciso sotto al Vesuvio e gli investigatori risalirono a un altro connazionale della vittima che aveva partecipato alla rissa in via Filzi.

L’uomo, sulla trentina, fu arrestato proprio in Questura dove si recò per il rinnovo del permesso di soggiorno. Fu colto di sorpresa non aspettandosi, forse, di essere stato indagato per l’omicidio di San Giuseppe Vesuviano. Il cinese è stato condannato in primo grado a sedici anni perché il giudice ritenne che un commando armato partì da Prato per cercare vendetta dopo la rissa. Secondo alcuni testimoni, il cinese faceva parte di questo commando. Il giudice tolse l’aggravante della premeditazione ma l’orientale finì, comunque, in carcere.

Il colpo di scena è arrivato dalla corte d’Assise d’appello: il cinese, difeso dall’avvocato Alessandro Fantappiè di Prato, è stato assolto con formula piena. La corte d’Assise campana ha accolto la tesi dell’avvocato Fantappiè secondo cui i testimoni non potevano essere considerati attendibili. E poi il cinese sarebbe partito da Prato e avrebbe raggiunto la Campania solo per un regolamento di conti tra bande rivali? Fatto sta che il cinese adesso è libero e che, comunque, ha dovuto scontare due anni in carcere per un reato che, secondo i giudici dell’appello, non ha commesso. Adesso bisognerà vedere se l’accusa impugnerà la sentenza.