Il cammino di Martin Luther King, che, dopo il premio Nobel per la Pace, continua la battaglia per i diritti umanitari delle persone di colore. Tutto inizierà (o continuerà) da Selma, città che passerà alla storia per una sanguinosa marcia del 7 marzo 1965. Il mondo si accorgerà delle terribili condizioni in cui vivono gli afroamericani degli Stati del Sud che conquisteranno il diritto al voto.
All’incirca un anno fa, la notte degli Oscar incoronò 12 Anni Schiavo come Miglior Film. Tra i produttori (e sostenitori) maggiori della pellicola c’era Brad Pitt, che quest’anno (molto probabilmente) punta a fare il bis nella notte delle statuette dorate, vista la sua candidatura, sempre come Miglior Film e sempre come produttore, per il bellissimo Selma – La strada per la libertà, diretto da Ava DuVernay. Qualcuno potrebbe pensare di quanto possa essere scontato un film su una figura così importante e nota (fatevi un giro sul Web) come Martin Luther King. Niente di più sbagliato. La pellicola della DuVernay, infatti, non si ferma a narrare la “leggenda”, il “mito” del più grande sostenitore dei diritti umani mai esistito, ma “indaga”, raccoglie fonti, mescola generi, fa inchiesta ma allo stesso tempo intreccia trame, non racconta solo l’aspetto noto di King, le sue battaglie, la marcia, terribile e dolorosa, del 7 marzo 1965 (nota come Bloody Sunday, documentata dalle televisioni di tutto il mondo), ma l’ “uomo”, il “padre”, il “marito” (attenzione questi appellativi andrebbero bene non solo per la sua famiglia, ma per l’intera popolazione cerca di difendere con i denti) King, retore perfetto e appassionato, convinto fino alla morte (che non vedremo, altro interessante aspetto che va contro tutte le previsioni) della cieca fede in un Dio che non solo lo guida, ma gli ha fatto un dono, quello di poter portare avanti la battaglia per il suo popolo. La forza di Selma è proprio in questa sua continua ricerca degli eventi, ricostruendo minuziosamente (si vedano gli estratti dei rapporti della polizia, che “informano”, come molti film d’inchiesta, gli spettatori sugli eventi storici) ogni avvenimento e il suo contrario. Già perché se da un lato la ricostruzione è precisa e ben diretta, dall’altro la sceneggiatura, scritta da Paul Webb, è si compatta e con piccole e impercettibili cadute di stile (che forse a un certo punto spingono anche il film verso la comoda “americanata”, stesso tranello in cui era cascato 12 Anni Schiavo), ma allo stesso tempo lascia troppi eventi “fuori” dalla narrazione, facendoli “citare” ai personaggi, portando lo spettatore ad una situazione di dubbio narrativo, dove alcuni eventi (agli spettatori non americani, che non conoscono a menadito la Storia degli USA) lasciati per scontati, creano solo confusione. Nonostante ciò il film è un documento bellissimo della lotta di King, messa in scena da un cast eccezionale, a cominciare da David Oyelowo nel ruolo del protagonista (incredibile come sia riuscito a entrare anima e corpo nel suo personaggio, facendolo [siamo scontati?] rivivere in maniera eccelsa), circondato da comprimari di primissimo ordine: Tom Wilkinson, Giovanni Ribisi, Tim Roth (mostruoso e implacabile), Cuba Gooding Jr., Oprah Winfrey (anche produttrice) e il grande Martin Sheen nel ruolo del giudice che lascerà che la seconda marcia possa svolgersi. Ma è tutto il cast attoriale a fare la differenza, con comparse che sembrano compattarsi in un unico grande corpo, lanciando urla di dolore straziante di discriminazione. La regia della DuVernay sfiora il documentario e la serie tv, ma con coraggio e precisione, enfatizzando, appena può, i momenti più drammatici e violenti, con il vecchio sistema del rallenty. Vecchio ma sempre e dannatamente efficace, quando c’è da narrare il dolore e coinvolgere, con maggiore impatto, lo spettatore. A supporto della regia, un eccelso lavoro alla fotografia, lasciato a Bradford Young, virata, per il 90 % della pellicola, completamente al seppia, tonalità che enfatizza i toni scuri e rende quasi bui anche quelli chiari, riuscendo a far respirare la polvere dei ricordi, modellando profili di caratteri difficili da dimenticare (nel nostro caso Storici), spingendo il piede sulla rappresentazione storica, in bilico tra Reale/Finzione/Documento. Ultima nota positiva, la colonna sonora, non solo perfetta per la parte inedita, ma eccezionale in quella edita, con brani strepitosi appartenenti alla tradizione soul, gospel e traditional della black music, compreso il brano Glory, scritto da John Legend e il rapper Common (che recita anche all’interno del film), candidato agli Oscar come Migliore canzone originale. Esistono pellicole che, non a caso ovviamente, osiamo definire “fondamentali”. Selma – La strada per la libertà è sicuramente una di queste, candidandosi a diventare uno dei film del 2015.
Potrete vedere Selma – La strada per la libertà, in queste sale:
-NAPOLI
Acacia
Med Maxicinema The Space Cinema
-AFRAGOLA
Happy Maxicinema
-CASORIA
Uci Cinemas
-NOLA
Multisala Savoia
The Space Cinema Vulcano Buono
-SALERNO
The Space Cinema Salerno