La storia del mio cane è tale e quale alle storie di molti altri segugi del mondo. Tutto cominciò una quindicina d’anni fa. Ero da poco tornato dalla Croazia e lì ero stato morso da un cane che faceva da groupie ad un rock-band di clochard tra i lisci vicoli di Dubrovnik. Immaginate me, poco più che adolescente, essere portato in un ospedale straniero. Immaginai una serie di cose catastrofiche anche perché la Croazia del tempo non dava l’idea di una nazione propriamente avanzatissima. Mi dovetti ricredere però perché fui velocemente medicato e vaccinato. Da allora ebbi una sorta di trauma verso i cani. Un bel giorno un’amica mi disse che per superare la paura avrei dovuto ricostruire un rapporto di fiducia con “l’amico più fedele dell’uomo”. Risi e risposi di sì con un pizzico d’incoscienza. Mi misi alla ricerca della bestiola che avrebbe dovuto farmi superare il trauma.
Poi immaginai che avere un cane, portarlo al guinzaglio, mi potesse dare qualche chance in più di attaccare bottone con una ragazza intenerita dal mio amore per gli animali (ci ho messo 15 anni per realizzare quella cosa che ho immaginato e devo dire che mi è andata piuttosto bene visto che ho conosciuto Francesca nella sala d’attesa di uno studio veterinario). Insomma deciso chiesi ai veterinari della zona. Dopo un mesetto mi dissero che un veterinario di Ottaviano poteva avere quello che cercavo: un cane che mi rendesse figo. Ricordo ancora il giorno. Faceva un freddo bestiale e il medico, il cui studio, se non ricordo male, si chiamava San Michele, mi fece attendere la chiusura e mi portò in campagna. Qui c’erano diversi cani, ma nel buio riuscì a distinguere solo due o tre bianchi che sembravano maremmani. Fu un attimo però che dall’ombra della sera mi si fiondò addosso quel cagnolone nero come la pece con una macchia bianca in petto. Ci eravamo scelti come due innamorati si scelgono tra centinaia di persone.
La chiamai Isabel, in onore della Allende, perché in quel periodo leggevo e piangevo dietro Paula. Isabel era un bel meticcio in salute di circa un anno un poco schnauzer e un po’ spinone. Era astuto ed intelligente e la cosa che adorava di più era correre in montagna. È sempre stato in giardino perché non sono tipo da cane in salotto e forse manco io sono tanto da salotto. Non le ho mai fatto indossare trench o cose curiose a fantasia scozzese. Ha sempre mangiato i biscottini di un panificio, pure se i veterinari dicevano che erano assolutamente vietati i dolci. Quelle orribili crocchette le mangiava solo per nutrirsi. Insomma il mio cane è vissuto da cane ed è morto da cane. Senza la spocchia di farlo sembrare un essere umano e con la consapevolezza che sicuramente è stato migliore di molti esseri umani che ho conosciuto in questi anni. Ciao Isa.