Lavoratori cinesi ed italiani costretti praticamente in stato di schiavitù, al lavoro in opifici privi di agibilità e senza neppure le minime condizioni per il rispetto della sicurezza. Inoltre, gravi irregolarità sono state scoperte dal punto di vista igienico-sanitario e per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti. Ad entrare in azione la polizia municipale di San Giuseppe Vesuviano guidata dal comandante Ciro Cirillo che ha chiuso sette fabbriche – tra cui alcune del tutto sconosciute allo Stato dal punto di vista fiscale – denunciando i rispettivi titolari. Non ha fine, dunque, la scia di sversamenti abusivi di rifiuti speciali nel territorio vesuviano ed è proprio indagando sui grandi sacchi pieni di scarti tessili abbandonati abitualmente a margine delle strade o nelle campagne più isolate che il Corpo dei vigili urbani è risalito al grande giro di illegalità legato alla produzione di abbigliamento in mano da anni all’imprenditoria cinese.
Ecco, dunque, uno dei motivi per cui anche San Giuseppe si trova spesso a fare i conti con i pericolosi roghi tossici, modalità utilizzata da chi, non in regola a svolgere la propria attività, in barba alle normative vigenti si sbarazza senza apparenti problemi, degli scarti tessili di risulta dalle produzioni, trascurando la più triste e preoccupante conseguenza che ricade sui tutti i cittadini e cioè la tossicità nell’aria. Controllati a tappeto artigiani e negozi, contestate moltissime violazioni che vanno dalla più semplice mancata differenziazione del rifiuto alla inottemperanza di norme di tutela igienico-sanitaria e in materia di sicurezza sul lavoro, ma anche illecito smaltimento di rifiuti speciali e violazione del testo unico sull’immigrazione clandestina.
In pratica la maggior parte delle aziende artigianali gestite da cittadini di nazionalità cinesi controllate dalla Municipale sono risultate fuori legge: angusti posti di lavoro, impiego di manodopera a nero e dormitori ricavati tra attrezzature e macchinari senza la minima garanzia di sicurezza e scarti tessili ancora fumanti perché inceneriti in loco.