Riceviamo e pubblichiamo integralmente la drammatica storia di una giovane donna, Teresa Sorrentino, deceduta il 15 gennaio di quest’anno a soli 31 anni, al termine di una terribile agonia, raccontata in tutti i suoi dettagli dal fratello Silvio. Una lunga missiva dalla quale il lettore potrà trarre tantissimi spunti di riflessione.
Il 12 settembre, dopo pochi giorni dal ritorno dalle vacanze, Teresa lamentò stanchezza, brividi e dolori addominali. Pensando fosse una sintomatologia legata al ciclo mestruale non si diede subito peso a tutto ciò. La stanchezza la si associava anche al fatto che in quei giorni Teresa si stancò molto per sistemare la sua camera, volendola ridipingere e cambiare la disposizione dei mobili. Da lì a pochi giorni l’avrebbe attesa il lavoro tanto agognato e sperato. Dopo qualche giorno iniziò ad avere i primi sintomi di una stomatite ulcerativa che nell’arco di una settimana divenne molto intensa. All’inizio, grazie all’intervento di un’amica medico, venne trattata con vitamine del gruppo B e con sospensione orale di Nistatina.
Lo specialista consigliò di recarci al più vicino Pronto Soccorso per effettuare prelievo del sangue e controllo dei principali parametri ematochimici. Il medico curante le prescrisse intanto vitamine per via e.v, visto che la stomatite impediva a Teresa di mangiare e in 20 giorni aveva perso circa 10 chili. Intanto la situazione peggiorò e il 22 settembre verso le 21 giungemmo al Pronto Soccorso dell’ospedale di Sarno. Teresa vi giunse lamentando forti dolori addominali, febbre, e stomatite aftosa associata ad importante sintomatologia dolorosa. Giunti in accettazione fummo accolti da un operatore che disse di essere un infermiere professionale, ma il suo cartellino recava la scritta OSA. Lo stesso chiese a Teresa notizie cliniche. Teresa non riusciva a parlare e lui “ signorì ccà nun putimm perder’ o tiemp ca gente”.
A queste parole intervenni dicendo che Teresa non poteva verbalizzare a causa della stomatite e che sentiva le forze venir meno. Dopo 40 minuti di attesa fu trasferita in uno degli ambulatori dove le somministrarono Toradol in infusione e la sottoposero a Tac Encefalo. Non ritennero opportuno effettuare prelievi per controllo ematochimico. Dopo due ore di attesa senza sapere nulla bussammo e lo stesso rispose “ sua sorella non sta morendo, è vigile e non ha bisogno della tata, i prelievi sono normali, sta bene”. Ritengo sia giusto che i parenti dei pazienti restino fuori per permettere ai medici di lavorare con serenità, ma dovrebbe essere così per tutti. Invece giungevano amici e amici di amici che entravano ed uscivano senza nessun problema per chiedere dei loro parenti in osservazione. Ricordo un episodio particolare. Una ragazza in ansia per il parente in osservazione non aveva notizie da qualche ora. Preoccupata telefonò un amico infermiere in servizio presso l’Ospedale di Sarno e dopo un pò uscirono medici ed infermieri a rassicurarla. A noi che preoccupati chiedevamo informazioni fu detto “ i prelievi sono buoni… è sabato sera andatevi a divertire”.
Dimessa, Teresa uscì dal Pronto Soccorso riferendo ancora dolori e a casa raccontò che non aveva fatto nessun prelievo. Amareggiato lessi il referto e mi accorsi che aveva fatto solo antidolorifici e Tac. La notte Teresa accusò forti dolori con febbre superiore a 38°, e la stomatite le impediva anche di deglutire. Riuscì solo a mangiare qualche cucchiaio di gelato e non potendo verbalizzare comunicava attraverso la scrittura. La situazione peggiorò e contattati alcuni medici ci recammo al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Nocera Inferiore. Teresa arrivò a Nocera Inferiore in uno stato pietoso: forti dolori addominali, perdita di muchi e sangue dalla bocca, febbre. Al PS fu sottoposta a ECG, RX Torace, somministrazione di Contramal e Toradol in infusione e prelievi del sangue che registrarono ipopotassemia e linea bianca sofferente. Nonostante tutto fu dimessa. Ritornammo a casa verso mezzanotte. Cercammo di farle mangiare qualcosa di liquido ma non ci riuscì. Teresa continuò a lamentare forti dolori e durante la notte svenne più volte. Al controllo della pressione arteriosa i parametri erano particolarmente bassi.
Telefonai ad alcuni medici e restarono sorpresi dal fatto che non era stata ricoverata e consigliarono di riportare Teresa al Pronto Soccorso ed insistere per il ricovero. Vista la disponibilità dei medici dell’Ospedale di Nocera Inferiore e dopo l’esperienza dei medici del PS di Sarno, ci recammo di nuovo a Nocera. Giungemmo al Pronto Soccorso verso le 9. Le somministrano ancora Toradol e Contramal; effettuò ecografia addominale presso l’ambulatorio del dott. Frusciante, medico disponibilissimo e scrupoloso il quale annotò delle anomalie a livello del rene destro. Intanto arrivarono anche i risultati dei prelievi e il potassio risultò essere molto basso, le transaminasi alterate e i globuli bianchi bassi. Ancora una volta venne rinviata a casa. In auto Teresa pianse molto e stringendomi disse: “Fratellino aiutami tu… questi mi fanno morire”. Deluso dall’atteggiamento dei medici e preoccupato per la situazione clinica di mia sorella contattai telefonicamente un noto ematologo il quale mi consigliò di riferirmi ad un infettivologo. L’infettivologo chiese prima di venirla a visitare alcune indagini di laboratorio. Grazie alla tempestività e alla disponibilità del Laboratorio d’analisi S. Ciro, dopo qualche ora i risultati dell’Emocromo con formula furono pronti, mancava il CD3 e CD4 che richiede più giorni. Il 4 ottobre verso le ore 19 Teresa venne visitata accuratamente dall’infettivologo il quale escluse una patologia ematologica e ritenne il caso di sua competenza.
Alla terapia per via e.v che Teresa già effettuava da qualche settimana, lo specialista aggiunse Vitamina C in infusione, elettrolitica, e Mycostatin soluzione orale. Consigliò di aspettare gli altri risultati e poi decidere per un eventuale ricovero. Nei giorni successivi la situazione precipitò e oltre a lamentare forti dolori mia sorella appariva poco vigile e per alcuni tratti dissociata. Riferì la presenza di papà, morto nel 2005, a 56 anni. Preoccupato dal suo stato clinico e visto che non riuscivo a contattare il medico infettivologo che l’aveva visitata, telefonai un’amica ematologo che giunse a casa la domenica 7 ottobre. Teresa a causa della stomatite non riuscì neanche a parlare. Impossibilitata anche a bere scrisse: “è bello dove sta papà, c’è tanta acqua e io voglio stare con papà”. Lo specialista eseguì un’accurata visita e letti i risultati degli ultimi prelievi consigliò di recarci al PS di Salerno.
Teresa espresse su un foglio il desiderio di recarsi all’Ospedale di Salerno perché lì papà aveva ricevuto cure amorevoli e i medici erano stati di una disponibilità indescrivibile anche se non erano riusciti a salvarlo. Giungemmo a Salerno verso le ore 14 del 7 ottobre. Teresa era in uno stato molto precario tanto che un medico infettivologo guardandomi esclamò: “che hai portato a morire tua sorella qui… perché vi siete decisi solo adesso di portare tua sorella in ospedale?”. Ed io: “provi a chiedere ai suoi colleghi di Sarno e di Nocera perché non hanno ritenuto opportuno ricoverare Teresa”. Dopo le prime indagini si pensò ad una patologia ematologica. Intanto Teresa continuava a perdere muchi misti a sangue dalla bocca, lamentava forti dolori e non riusciva neanche a parlare. Per comunicare era costretta a scrivere. Io che l’assistevo non potevo però non registrare la disponibilità del personale medico ed infermieristico che compresero subito la gravità del caso. A questi medici dico il mio grazie e il grazie di mia sorella.
Come dico grazie anche al primo consulente che sceso dal reparto di malattie infettive esclamò “e che faccio i miracoli… questa è grave”. Dal Pronto Soccorso fu trasferita presso il reparto di oncologia, con competenza dei medici ematologi. Mamma restò con lei e vi resterà poi tutti i 60 giorni di ricovero a Salerno. Prima di ritornare a casa per prendere le mie cose e trasferirmi nella Casa accoglienza dei Lions Club per restare più vicino a lei, Teresa mi scrisse: “Fratellino ho paura, sto troppo male…. aiutami tu, mi fido di te, resta vicino a mamma perché soffre troppo e aiuta Fabio .
Al momento del ricovero Teresa presentava Pancitopenia, ipopotassemia, febbre, stomatite aftosa associata a forti dolori. L’8 ottobre venne sottoposta ad agoaspirato midollare e biopsia ossea che escludevano patologia ematologica neoplastica, ma compatibili con un quadro di ipoplasia midollare. Lo screening virale e autoimmunitario era negativo. Non erano presenti segni di emolisi. Emoculture, coprocoltura e tamponi del cavo orale non evidenziavano sviluppo batterico e micotico. L’ecografia dell’addome mostrava epatomegalia, RX torace negativo. Il trattamento prevedeva l’utilizzo di cortisteroidi ad alte dosi, somministrazione quotidiana di G-CFS e terapia con Ig e.v. Il dolore veniva controllato solo con morfina. Tali terapie permisero di ottenere un netto miglioramento della sintomatologia dolorosa, scomparsa della febbre, normalizzazione della conta leucocitaria e piastrinica, mentre persisteva un inspiegabile andamento dell’anemia con valori di Hb altalenanti da 10 a 6 gr/dl che scendevano e risalivano senza alcun intervento terapeutico anche nel giro di 48 ore. Venivano escluse perdite macroscopiche. Dopo circa venti giorni, il 22 ottobre Teresa venne dimessa e rinviata a controllo in regime di DH il 25 ottobre.
Al controllo del 25 ottobre la situazione, stando a quanto riferivano i medici, risultava in netto miglioramento. Continuò terapia con antibiotici, antimicotici, corstisteroidi, morfina, acido folico e vitamine. Intanto Teresa continuava a riferire debolezza, spossatezza, prurito, dolori addominali e dolori in sede orofaringea. Viveva le sue giornate con grande fede, elargendo amore e solidarietà a quanti si avvicinavano a lei. Sperava in una diagnosi. Al DH del 31 ottobre Teresa giunse riferendo vomito, nausea, dolori al cavo orale, dolori addominali. L’ematologo però, letti i risultati dei prelievi le disse “ Teresa stai bene… devi riprendere la tua vita. Di ematologico non c’è nulla. Stai bene. Il tutto sarà stato causato da qualche fatto infettivo a cui non riusciremo mai a dare un nome”. Le sospese la terapia in atto diminuendo la morfina e lasciando solo vitamine e acido folico. Restava il problema del potassio basso e dell’Acido urico alterato. Teresa tornò a casa impaurita e amareggiata dal comportamento dei medici a cui era legata per la grande umanità avuta nei suoi confronti, ma nello stesso tempo sentiva il peso di qualche medico che credeva che i suoi problemi fossero di natura psichiatrica. Giunti a casa decidemmo di fare un giro al Vulcano Buono di Nola. Teresa camminava a fatica, ma era felice di girare per i negozi e fare tanti progetti. Le piacevano molto i Centri Commerciali e ogni volta che poteva andava a Nola a fare shopping e mangiare la Pizza in punto ristoro molto noto. Percorrendo il Centro Commerciale lamentava stanchezza, spossatezza, vomito e nausea.
Dopo aver mangiato la Pizza tornammo a casa. Verso sera la stomatite sembrò peggiorare e i dolori aumentare. Contattati i medici i quali risposero che non era possibile che in poche ore la situazione era precipitata. Teresa peggiorò. Trascorse la notte perdendo muchi misti a sangue dalla bocca e non riuscì neanche a bere. Lamentò forti dolori nonostante la morfina e l’utilizzo di antidolorifici come Contramal, Toradoil e Novalgina in fiale. La dottoressa continuava a prendere tutto con leggerezza. La mattina del 1 novembre collassa. Accorso un amico di famiglia medico, comprese subito la gravità del caso e ci consigliò di recarci al Pronto Soccorso. Amareggiato dall’atteggiamento dei medici inviai foto di mia sorella al suo medico e solo quando guardò la foto ricevuta via mms e ascoltò ciò che riferiva il medico ci invitò di riportarla in Ospedale, ma con molta tranquillità, non subito, ma la mattina successiva.
Teresa arrivò a Salerno, tra gli infermieri che tanto amava, con forti dolori addominali, nausea, vomito, febbre e stomatite che causava dolori insopportabili al cavo orofaringeo. Nel sospetto di una sindrome di Bechèt effettuò consulenza ginecologica, oculistica e studio HLA per ricerca B51 (negativa) B57 (positiva). Inoltre l’alopecia, presente già pochi giorni dopo il primo ricovero si manifestò in modo più significativo. Da tante parti giungevano consigli e inviti a ripetere l’aspirato midollare. Intanto mentre si cercava di capire perché di questa sofferenza midollare, mia sorella iniziò ad avere frequenti crisi ipoglicemiche con valori oscillanti da 30 a 10 mg/dl, trattate con alte dosi glucosio per via endovenosa. Il 9 novembre per comparsa di anemia normocitica severa venne trasfusa con due unità di emazie. Il 12 novembre effettuò TC total body che non mostrò presenze significative. Lo colonscopia e gastroscopia, effettuate in anestesia, per escludere una malattia infiammatoria cronica, mostrarono erosioni a fondo deterso in regione faringoesofagea ed in orofaringe.
Per il persistere delle crisi ipoglicemiche vennero studiati i valori di insulinemia e nell’ipotesi di una patologia neuroendocrina fu effettuata RM addome superiore ed inferiore con m.d.c. che non evidenziò alcuna zona di abnorme impregnazione contrasto grafica. Sulla base della consulenza endocrinologica fu effettuato octreoscan con valutazione a 24 e 48 ore, risultato negativo. La Rm dell’ipofisi risultò anche essa negativa. Persistevano intanto le crisi ipoglicemiche e l’ipopotassemia e faringodinia. Il 3 dicembre fu dimessa per poter essere ricoverata presso il Dipartimento assistenziale di Oncologia e Endocrinologia Clinica.
Nei tanti giorni trascorsi all’ospedale di Salerno mia sorella sperimentò l’affetto e la solidarietà di tanti medici, attenti alle sue sofferenze e preoccupati del suo quadro clinico. Teresa ha portato sempre questi medici nel suo cuore e sulle sue labbra fino alla fine, ed essi resteranno nei nostri ricordi, accompagnati dall’amarezza che qualcosa in più si poteva fare e capire senza fermarsi all’apparenza, cercando anche di ripetere alcune indagini. Il 25 ottobre il medico presente al DH aveva comunicato l’esigenza di ripetere l’aspirato midollare, cosa mai fatta nella lunga degenza salernitana. E poi bisogna ricordare alcuni quei medici che hanno cercato di spiegare il tutto con patologie psichiatriche. E di psichiatrico in Teresa non c’era nulla. Cosa poteva esserci di psichiatrico? Forse la sofferenza per la morte del padre, spentosi con atroci sofferenze a 56 anni nell’arco di una settimana o del fratello, lo scrivente, in lotta con una patologia ematologica da circa 6 anni.
Il 3 dicembre giungemmo a Napoli con ambulanza privata. Giunti in reparto constatammo subito la volgarità verbale e l’inadeguatezza di alcuni infermieri. Verso le 19 Teresa voleva chiedere di essere dimessa e lasciare il reparto del policlinico napoletano per recarsi a San Giovanni Rotondo, presso Casa Sollievo della Sofferenza, l’ospedale dove io sono stato in cura per 6 lunghi anni e di cui abbiamo sempre sperimentato la grande scienza accanto alla grande umanità e umiltà di tutto il personale. In questi mesi ci siamo tante volte chiesti perché non siamo corsi subito a San Giovanni Rotondo. La distanza, la stanchezza degli anni vissuti lontano dalla famiglia, resta l’unica risposta. Dopo averci parlato a lungo Teresa decise di restare a Napoli perché sperava in una diagnosi affidandosi alla scienza dei medici del dipartimento federiciano. In lei solo il desiderio di guarire e tornare a casa con una diagnosi. Dare una spiegazione al perché di tanta sofferenza e sapere contro quale malattia combattere.
I medici del reparto, il 4 dicembre programmarono ERCP per il giorno 6 dicembre, ma successivamente ritennero che le crisi ipoglicemiche fossero causate dal tanto cortisone o fossero addirittura di natura esogena. Il riscontro diagnostico post mortem del 16 gennaio parlerà di diffusa iperplasia insulare. Intanto le crisi passarono; restava la precarietà del quadro ematologico. I giorni che Teresa trascorse a Napoli non furono sereni. Sperimentò l’abbandono e l’amarezza. Cercò conforto nella preghiera e si aggrappò al nostro amore e a quello di quanti le restarono accanto. Nei primi giorni del ricovero a Napoli il problema della stomatite sembrò in via di guarigione tanto che Teresa riusciva a mangiare quasi tutto. La sera prima che la salutavo per ritornare a casa mi scriveva ciò che desiderava per il giorno seguente ed io ero felice di vederla finalmente mangiare. Sottolineo che i pasti serviti in Ospedale non erano idonei alla sua situazione clinica. Verso il 15 dicembre la situazione ematologica crollò di nuovo e sentito il parere dello specialista venne prescritto Eprex 4000UI.
I globuli bianchi erano particolarmente bassi, la linea rossa sofferente con Hb 7,4, transaminasi alterate, potassio che non superava 3.5. Dopo qualche giorno si ripresentò la stomatite e si chiese consulenza odontostomatologica che Teresa aveva più volte richiesto anche a Salerno e nei primi giorni di ricovero a Napoli. Si ritenne necessario anche consulenza reumatologica e lo specialista fu di una grande umanità oltre che di profonda scienza, diverso dai tanti medici che si interessavano del caso di Teresa. In tanti restavano convinti di chiedere consulenza psichiatrica. Intanto persisteva ipopotassemia e un giorno una specializzanda esclamò “Teresa devi recuperare il potassio altrimenti non possiamo dimetterti e noi il 21 dobbiamo chiudere il reparto”. Teresa voleva tornare a casa, ma voleva tornare con una diagnosi e quando disse “dottoressa io voglio andare un pò a casa, ma se il Potassio è basso?…tranquilla lo correggiamo con la penna”. Il 20 dicembre fu inviata dal prof. Mignogna, medico eccellente per biopsia dei tessuti del cavo orale perché la situazione della stomatite andava peggiorando. Lo specialista in quella data, visto le sue condizioni non effettuò biopsia e le prescrisse antimicotici in infusione ev per 10gg, per afferire poi in data 03.01.20013 presso il Dipartimento di Endocrinologia per consulenza odontostomatologica. Pensando ad una patologia autoimmune nella stessa data avrebbe dovuto effettuare consulenza reumatologica.
Il 21 dicembre Teresa fu dimessa da Napoli senza aver mai incontrato la prof.ssa Colao; certo non mancarono collaboratori interessati al caso, ma Teresa aveva chiesto più volte di parlare con lei e due volte le avevano promesso che la professoressa verso le 17 l’avrebbe visitata. Mia sorella fu dimessa con un piano terapeutico che oltre a prevedere alti dosi di potassio, antimicotici per via ev, cortisonici, prevedeva anche, considerata la precarietà del quadro ematologico, la somministrazione di Eprex 4000 UI. Per effettuare quest’ultima somministrazione si necessita di un piano terapeutico particolare senza il quale il curante non può effettuare prescrizione; piano terapeutico che non fu rilasciato e quando, allarmatomi tentai di contattare i medici risposero che dovevo richiamare dopo Natale per cercare di parlare con l’esperto che aveva prescritto i fattori di crescita.
A casa Teresa continuò a stare male: forti dolori addominali, spossatezza, stomatite ulcerativa seria che le impediva anche di bere. Il 24 dicembre, viste le sue condizioni, decisi di telefonare un laboratorio di analisi cliniche per controllare i principali parametri e risultò avere i globuli bianchi azzerati, le transaminasi alterate e l’Hb 7. Saputi i risultati Teresa mi disse: “Fratellino ho paura… questi mi fanno morire, non aspettiamo dopo capodanno e portami subito in ospedale”. Nel corso della giornata i dolori aumentarono notevolmente e non si placarono nonostante la morfina e le fiale di Toradol, Contramal e Novalgina. Verso le 18 telefonai l’equipe ematologica del Policlinico A.Gemelli di Roma. Il medico di guardia riferì che purtroppo erano giorni particolari e il reparto era pieno, ma assicurò che tra il 27 e 28 avrebbero cercato di ricoverare Teresa. Il giorno di Natale e di Santo Stefano Teresa fu particolarmente sofferente; lamentava dolori insopportabili in sede orofaringeo e in sede addominale. In quei giorni sentimmo tanta amarezza per la superficialità dimostrata dai medici napoletani e nella nostra impotenza cercammo di aiutare Teresa con ogni mezzo a nostra disposizione. Il 27 dicembre ricontattai il reparto di ematologia del Gemelli e mi consigliarono, considerato il quadro clinico di portarla al PS dello stesso ospedale, dove di certo avrebbero trovato un posto dove ricoverare Teresa per poi, appena possibile, trasferirla nel reparto di competenza.
Il 28, verso le 9.30, dopo una notte lunga e faticosa, partimmo per Roma. Teresa nonostante le sofferenze era serena e certa che a Roma avrebbero individuato la diagnosi e indicata una terapia che risolvesse almeno in parte le tante sofferenze. Il viaggio fu molto faticoso. Fummo costretti a fermarci numerose volte. Giungemmo al Pronto Soccorso del Policlinico Gemelli verso le ore 17 e dopo un’attesa di circa un’ora in cui Teresa stentava a restare seduta lamentando forti dolori fu trasferita in uno degli ambulatori per essere osservata da un eccellente medico, il dott. Carbone Luigi. Teresa era vigile, orientata con attività cardiaca nella norma ma lamentava forti dolori addominali. Presa visione degli esami ematochimici il medico prescrisse somministrazione di KLC e solfato magnesio in infusione. Richiese Ecografia addominale e urgente consulenza ematologica. Intanto lo stesso medico resosi conto dei forti dolori somministrò 2 fiale di Morfina.
Dopo la consulenza ematologica e letti risultati dei prelievi che confermarono pancitopenia, con grave leucopenia, Teresa fu ricoverata presso il Reparto di Medicina d’urgenza per poi essere traferita presso il reparto di Ematologia. Il 29 dicembre le condizioni generali erano discrete con addome trattabile diffusamente dolente; alle 17.30 venne trasferita presso il Reparto di Ematologia dove Teresa riferì forti dolori addominali, prurito, astenia profonda. Da sottolineare che nelle prime ore di ricovero, anche qui fu detto a Teresa: “pensiamo di chiedere consulto psichiatrico, alcuni di noi ritengono che tu abbia somatizzato troppo la malattia ematologica di tuo fratello” e Teresa: “dottoressa, sono stanca di essere fatta passare per pazza, in me di psichiatrico non c’è nulla… io sto male e vi chiedo di aiutarmi… per favore aiutatemi, non fatemi morire, ho forti dolori, non resisto più”. La consulenza psichiatrica a cui poi Teresa si sottopose con grande tranquillità, nei giorni successivi, pur di riuscire a raggiungere una diagnosi, non evidenziò nessuna patologia psichiatrica e solo dopo aver ascoltati i medici psichiatrici si iniziò, con marcata professionalità e competenza, soprattutto da parte del primario, il prof. Leone, a capire cosa provocasse uno stato così sofferente.
Nello stesso giorno ritennero necessario agoaspirato midollare che fu eseguito su cresta iliaca e che evidenziò un quadro compatibile di sindrome emofagocitica e i medici si chiesero come mai i colleghi Salernitani non avessero evidenziato tale quadro e soprattutto perché non avessero ripetuto l’aspirato midollare. Nei giorni successivi il professor Leone, viste le condizioni cliniche di Teresa e letti i risultati della funzionalità epatica con bilirubina a 17, ritenne necessaria una biopsia epatica, ma lo specialista si rifiutò per le piastriniche particolarmente basse. I giorni 31 dicembre e 1 gennaio furono giorni particolarmente sofferenti. Teresa presentava un colorito particolarmente giallo e versava in uno stato soporoso. Toccava continuamente l’addome con smorfie di dolore e chiese un antidolorifico. Dopo un pò giunse un infermiere il quale disse a mamma con tono quasi scocciato “signora, sua figlia dorme e non si lamenta quindi non gli somministro la Tachipirina in infusione”. In serata il medico disse che Teresa era in torpore epatico e che di certo accusava forti dolori.
Il 2 gennaio Teresa fu più vigile. Raccontò che papà le era stato accanto e che ormai per lei non c’era più nulla da fare. “Mamma ho paura… non lasciarmi, fratellino aiutami”. Il pomeriggio giunse a Roma il fidanzato con la sua famiglia e Teresa anche se era particolarmente intontita fu molto contenta di abbracciare il fidanzato e i suoceri. I controlli cardiologici (ECG) registrarono Tachicardia sinusale, Possibile Ingrandimento Atriale Sinistro, Lieve Sottoslivellamento ST Diffuso Aspecifico. Nonostante l’alta competenza dei medici del policlinico cattolico è da sottolineare la mancata comunicabilità degli stessi i quali poco o quasi nulla comunicarono a Teresa. La situazione clinica peggiorava continuamente. Ormai da circa 15 giorni non si alimentava, beveva con grande fatica e continuava a riferire fortissimi dolori. Era ormai allettata e con grande fatica riusciva a recarsi in bagno. Presentava diffusa petecchiatura al tronco ed agli arti superiori ed inferiori. Le emoculture risultavano positive per Klebsiella e S. Epidermidis; presenza di candida da ulcere orali. Un medico guardando Teresa esclamò: “vorrei sapere come mai i colleghi nei precedenti ricoveri hanno visto tutto negativo e qui risulta tutto positivo”. Il pomeriggio stringendomi mi sussurrò: “fratellino guardami… mi sembro il Cristo flagellato… è cominciata la mia passione”.
Le chiesi: “sorellina ma sei arrabbiata con Dio?” “No fratellino mio, sai io sento che Dio fa il tifo per me, con me è deluso per l’atteggiamento di tanti medici, convinti detentori del sapere clinico, poco disponibili all’ascolto”. Quei giorni Teresa fu grande maestra di fede. Lei che aveva sempre avuto un rapporto conflittuale con Dio, ha raggiunto in pochi mesi una profonda conversione da sentirsi amata da Dio anche tra atroci sofferenze che di lì a poco avrebbero consumato le sue carni. “Era tutta una piaga”.
Il 6 gennaio fu un giorno molto caro a Teresa; era innamorata della festa dell’epifania e fin da piccola le organizzavo bellissime sorprese nella sua camera e all’alba sedevamo sul lettino a leggere auguri, aprire regali, svuotare le calze. Quella mattina giungemmo molto presto in reparto per portare le calze a Teresa e ai suoi compagni di reparto. Teresa mi strinse e dopo un pianto ininterrotto mi sussurrò fratellino “questa è l’ultima Befana, morirò senza una diagnosi”, ed io, “sorellina non puoi lasciarmi, come farò”… “ fratellino non ti lascerò solo, ogni sera verrò da te”. Poi lascio cadere tra le nostre mani un biglietto scritto velocemente. Il 7 gennaio eseguì PET –TC. Letto il referto si considerò necessario un approfondimento a livello del pancreas e del fegato. Non fu possibile effettuare la biopsia epatica a causa della grave piastrinopenia. La bilirubina da 15 era slittata a 28. Intanto le sue condizioni peggiorarono. Il 9 gennaio Teresa precipitò in uno stato comatoso per cui il medico di turno ritenne necessario la TAC cranio senza mdc riferendoci che i liquidi epatici probabilmente stavano attraversando la barriera encefalica. Dalla TAC non si rilevarono emorragie endocraniche. Il 10 gennaio fu più vigile. In quel giorno parlò di tante cose, raccontò i suoi progetti, le sue speranze. Riferì di essere stata ancora una volta con papà in un luogo pieno di luce e con spiagge lunghissime dove poter passeggiare.
L’11 gennaio firmò, in mia presenza il consenso informato per la somministrazione del farmaco Chemioterapico Vepesid. Dopo aver firmato Teresa mi guardò e mi disse: “fratellino ho desiderato tanto fare una terapia mirata, ma ormai è troppo tardi”. Verso le 14, dopo aver parlato a lungo con me e mamma e dopo aver telefonato al fidanzato le sue condizioni precipitarono e il personale del reparto contattò il rianimatore di guardia del reparto. All’arrivo del rianimatore Teresa era in stato di coma (GCS 6), con pupille isocoriche isocicliche, sguardo deviato, respiro spontaneo e presenza di secrezione sopraglottiche. Si ritenne urgente il trasferimento in Rianimazione dove verso le 18 le somministrano il farmaco chemioterapico. Mentre attendevamo l’orario di ingresso chiesi di parlare con un medico il quale con gesto garbato mi disse: “dopo la rimozione del cerotto Durogesic e la somministrazione di Naloxone si è avuto un miglioramento dello stato di coscienza della paziente che risponde agli stimoli, ma la situazione è particolarmente critica”. Entrammo in rianimazione verso le 18 e trovammo Teresa legata a letto che rispose subito ai nostri stimoli. Mia sorella con voce flebile chiese aiuto e mostrò sofferenza al fatto che l’avessero legata per impedire, secondo quanto riferirono gli infermieri, che togliesse la maschera d’ossigeno.
La domenica sera mi dirà con occhi spalancati: “ Fratellino io non mi agito per togliere la maschera… voglio solo sapere come comunicare con l’esterno perché non so come chiedere aiuto quando voi non siete accanto a me”. Implorammo i medici di aiutarla a non farla soffrire e somministrarle la morfina per i dolori”. Nelle prime ore del ricovero in rianimazione avevamo sperato in un miglioramento ma la domenica il medico di guardia ci comunicò che Teresa da quel reparto non sarebbe più uscita. Tutte le speranze crollarono e la rabbia verso quei medici che nei precedenti ricoveri non avevano compreso le sue sofferenze e spesso avevano deriso le sue richieste d’aiuto crebbe tantissimo. Aumentò l’amarezza anche in quanti continuavano a pensare che mia sorella stessa male perché aveva fatto la dieta o perché fosse anoressica. Quante voci ci giungevano in quei giorni e quante voci erano giunte anche a lei nei giorni precedenti. Al controllo del 12 gennaio Teresa si presentava soporosa, risvegliabile. Continuava ventilazione non invasiva. L’esame radiografico del 13 rilevò la persistenza di edema polmonare con falde di versamento pleurico. Verso sera ci fu un peggioramento delle sue condizioni e si ritenne l’utilizzo di respiratori accessori. L’aplasia midollare ormai era severa e continuava ad essere trasfusa. Il 14 si eseguirono 3 schock bifasici a 120 con ripresa del ritmo sinusale. Alle 9.47 fu intubata e sedata. Solo allora potemmo sciogliere le sue mani ancora legate al letto. Alle 19.20 si iniziò terapia dialitica per la rimozione dei liquidi. Sperimentammo un continuo accanimento terapeutico che faceva a pugni anche con la nostra fede. Non ho mai creduto che Cristo chiedesse tanta sofferenza e se clinicamente ci esistono mezzi per non soffrire mi chiedo perché non alleviare i dolori. Ormai il suo corpo era tutto edematoso e i tessuti esterni lacerati. Verso le 10 del 15 gennaio le sue condizioni divennero gravissime con peggioramento emodinamico malgrado noradrenalina ad alto dosaggio. Verso le 13 ci fu arresto cardiocircolatorio irresponsivo alle manovre rianimatorie. Alle 13.10 venne constato il decesso. Si chiese riscontro diagnostico. Morì a 31 anni una paziente che nei precedenti ricoveri aveva dovuto subire umiliazioni continue: “Teresa non hai nulla di ematologico. Nulla al pancreas, sarà un fatto infettivo che ha provocato questa sofferenza midollare, fatto infettivo che forse non scopriremo mai”.
Il 15 gennaio alle 13.10 moriva chi per i medici fino al 21 dicembre non aveva nulla. A tali medici la nostra rabbia e la nostra amarezza così come conserveremo la stima per quei medici che hanno saputo ascoltare Teresa anche se poi si sono arresi dinanzi alla loro impossibilità di giungere ad una diagnosi. Il nostro affetto per il prof. Leone del Policlinico Gemelli il quale comprese che Teresa non era stata ascoltata. “Ho sempre chiesto – riferì quel giorno – ai miei collaboratori di ascoltare i pazienti e non fermarsi solo ai dati di laboratorio… poche volte ho visto un caso così. Sono addolorato da medico e da uomo”. Tra i tanti medici distratti, troppo spesso arroganti, presuntuosi e inumani abbiamo conosciuto clinici eccezionali che laddove non hanno potuto portare al letto di Teresa un aiuto medico hanno saputo portare un sorriso, donare una carezza. L’augurio che tutti possono essere medici capaci di ascoltare e sapersi fermare al letto dell’ammalato mettendo da parte la presunzione con cui Teresa ha dovuto scontrarsi ogni giorno soprattutto a Napoli e a Salerno. Questo mio intervento potrebbe suonare come una condanna, ma è solo la necessità di dar voce al desiderio di Teresa di sbattere la verità clinica sulle scrivanie di quanti hanno urlato che non aveva nulla.
Possa l’esperienza di Teresa essere di insegnamento a quanti restano convinti detent