Pat (Bradley Cooper), supplente di storia, è un uomo che ha perso tutti i suoi punti di riferimento, da quando ha scoperto la moglie, anche lei insegnante, sotto la doccia con un altro. Da allora è in cura da uno psicologo e assume farmaci contro il bipolarismo, dopo che stava per ammazzare di botte il suo rivale in amore. Tornato a casa Pat decide di mettersi in forma per riconquistare sua moglie, nonostante un ordine restrittivo che pende su di lui, e di ricostruire il difficile rapporto con il padre (Robert De Niro), scommettitore incallito. Incontrerà, a una cena da amici, la giovane e attraente Tiffany, anche lei in cura per aver perso il marito in un incidente.

Entrambi, frequentandosi, scopriranno il loro “lato positivo”, provando a vincere una gara di ballo. David O. Russell, dopo la bella prova drammatica con l’intenso The Fighter, torna alla commedia romantica che tanto gli aveva portato fortuna con l’introverso I Heart Huckabees-Le strane coincidenze della vita. Stavolta il cast non è stellare come la precedente commedia (c’erano tra gli altri Dustin Hoffman e Jude Law), ma vola più basso, rasentando il prodotto indipendente. Già perché in Il lato positivo-Silver Linings Playbook, si sentono echi di Juno, Shall We Dance e Noi siamo infinito, senza contare tutta la tradizione della commedia romantica classica hollywoodiana.

Eccolo il problema. Il lato positivo ha un incipit fenomenale e si sente subito il peso di una sceneggiatura perfetta (scritta dallo stesso regista, con pochissimi punti di caduta), un soggetto davvero interessante (tratto dal libro omonimo di Matthew Quick) e una regia “accademica”, a metà tra sperimentalismo e tv movie. Ma lentamente, così come era accaduto con I Heart Huckabees, il film, purtroppo, si spacca. La seconda parte, infatti, diventa fin troppo “allungata” e prevedibile, inserendo, fino alla fine, un cliché narrativo dopo l’altro (il più plateale: l’happy end sotto la pioggia dei due protagonisti), rovinando i bei presupposti costruiti nella prima parte.

Gli attori sono in stato di grazia, soprattutto Bradley Cooper (tra i co-produttori della pellicola) nel ruolo del protagonista. Chi l’avrebbe mai detto che Una notte da leoni gli avesse dato tutta questa grinta? Dopo averlo visto in questa prova è difficile scegliere tra lui e il Daniel Day-Lewis di Lincoln per la vittoria dell’Oscar. L’altro polo della pellicola è la bellissima, bastarda e sensualissima Jennifer Lawrence, nel ruolo di Tiffany (che gli è valso l’Oscar come miglior attrice protagonista) e un sempre bravo Robert De Niro, padre confuso e senza speranza, ancora capace, dall’alto della sua bravura, a farci emozionare. Colonna sonora eccezionale, non solo quella originale, curata da Danny Elfman, ma anche precisa nella scelta dei brani di artisti come Stevie Wonder, Bob Dylan, Johnny Cash, The White Stripes e Frank Sinatra, che assumono, un preciso ruolo narrativo.

Un piccolo gioiellino Il lato positivo, che però non riesce a infondere quella sicurezza che poi il regista non dà nemmeno ai suoi due protagonisti. Esemplari, in questo senso, le sequenze della gara di ballo: la performance di Pat e Tiffany non è altro che la rappresentazione del loro disagio, con il susseguirsi di un mix di brani che non hanno nulla che li possa tenere insieme, se non la forza di “andare avanti”. Alla fine esultano per un la media dei loro voti: un cinque. Quella sufficienza basta ad avere la loro piccola vittoria su chi li crede incapaci di guardare nel proprio futuro: “Avete mai pensato che noi pazzi siamo diversi perché riusciamo a vedere cose che voi non riuscite a capire?” chiede Pat al padre.

Il protagonista e Tiffany sono le due facce (a)normali di una società (quella medio/sonnecchiosa americana) che riesce a perdere l’ago della bilancia per una semplice sconfitta sportiva o i preconcetti su una persona che magari è appena uscita dal manicomio. “Il lato positivo” dei protagonisti è la loro potenza curativa: come in Noi siamo infinito, sono loro, considerati “diversi”, in realtà, ad aiutare gli altri. Ad agire da collante di ricomposizione in famiglie ormai senza più valori affettivi ed emozionali. Si ride, ma con l’amaro in bocca, si esce con un sollievo sul cuore. Il sette e mezzo è pieno.