Una breve intervista, ma piena di contenuti ed analisi politiche, al consigliere comunale Mario Gifuni, che pochi giorni fa si è autosospeso pubblicamente dal partito di Francesco Storace dando vita ad un animato dibattito nei salotti e sui marciapiedi anastasiani. Si spiega con brevi, ma quanto mai efficaci risposte, e ci anticipa le sue prossime mosse con semplicità e chiarezza.
Il problema principale della sua drastica scelta, non è soltanto insito nello scarso risultato elettorale. Per Gifuni, le “poche” preferenze non erano altro che qualcosa di assolutamente prevedibile, considerata la mancata azione politica che La Destra non si è mai curata di operare sul territorio. E’ stato accusato di aver abbandonato la nave, come uno che, percepita la rotta insidiosa, ha preferito correre ai ripari rifugiandosi sulla prima isola.
Gifuni risponde: “Abbiamo guidato una nave in battaglia. Una volta conclusa, dopo l’attracco, ognuno ha il diritto di dire quello che pensa. Quando si ottengono scarsi risultati, in un paese democratico, si fa autocritica: è normale che di questi esiti scarsi le responsabilità siano dei vari coordinamenti. Sono stato fin troppo coerente, in quanto già maturavo da tempo malumori riguardo a determinati comportamenti, ma ho aperto bocca ad urne chiuse ed avvenuti scrutini, senza alcun rimorso, ho continuato a militare nel partito e ho svolto una campagna elettorale assolutamente trasparente”.
Nei confronti di Carlo Aveta, consigliere regionale e coordinatore regionale de La Destra, che giorni fa aveva risposto duramente alle sue critiche, Gifuni non allenta la presa: “Lui non vuole essere messo in discussione: in un partito che a livello regionale prende pochissimi voti c’è qualcosa che non va. La gente non si riconosce più in questo simbolo: non siamo mai stati ascoltati dal direttivo, l’unica cosa che ci veniva chiesta era il nostro potenziale elettorale. Riguardo alla campagna elettorale, poi, non è stata fatta perché non c’erano temi validi: il popolo vuole gente seria e capace”.
Cerchiamo di cambiare argomento, ma lui ci tiene a precisare a riguardo: “Abbiamo proposto a chi di dovere, tante iniziative, prime fra tutte quella riguardo le “borse lavoro” e quella sull’abbattimento dei costi della pubblica amministrazione, ben più alti di quelli della politica: ma nulla, non c’è stata nessuna considerazione, ci veniva solo detto, poi c’è tempo”. Sposa la sua linea Raffaele Criscuolo de La Destra di Pomigliano d’Arco, anche lui tra i presenti, che aggiunge: “C’è stata una mancata organizzazione prima e dopo la campagna elettorale. Abbiamo redatto un enorme ricerca di studio sul debito pubblico, tra l’altro pubblicata da un importante testata finanziaria, ma oltre questo, dal partito non v’è arrivata risposta”.
Parlando della situazione abbastanza incerta del partito in Campania, Gifuni cerca di esaminarne le cause: “Quando importanti esponenti lasciarono il movimento, ci fu detto che altrettanto capaci esponenti sarebbero subentrati: non è avvenuto nulla. In Regione, non sono state fatte politiche in merito al “caro assicurazioni”, ai costi della politica, al lavoro: tutti temi che erano cari a La Destra. Io credo che la mia visione sia condivisa da tantissime persone nel partito, ma oggi nessuno le esterna perché il coordinatore è ancora un consigliere regionale e quindi si aspetta. Ma questo è un partito in agonia: basti pensare che tra i 34 che, in uno studio notarile fondarono La Destra, ne sono rimasti 6”.
Un Gifuni duro quindi, sia sulle linee tracciate negli ultimi anni dal partito che sul suo esponente di spicco, Francesco Storace. Poi concentriamo l’attenzione sulla politica locale e riguardo alla formazione della nuova lista civica “Il Patto”, dice: “Ho creato il Patto perché la gente non si riconosce più nei partiti, non ci sono atti concreti né idee. Appoggeremo, senza se e senza ma, Carmine Esposito e rimarremo senza dubbio una forza di destra. Ho detto che mi sarei dimesso qualora persone di forze politiche che prima erano all’opposizione fossero entrate in giunta, perché sono contro i trasformismi: chi vince deve governare e chi ha vinto in una colazione, rispettando il compito che gli elettori gli hanno concesso, deve rimanerci. Il sindaco non è assolutamente un despota, tantomento io ho parlato perché voglio entrare in giunta: io devo solo ringraziarlo per l’occasione che mi ha concesso e la mia esternazione non era assolutamente rivolta a lui”.