Una giovane principessa (Sarah Felberbaum) di uno sconosciuto regno, sotto suggerimento del ciambellano (Christian De Sica), decide che l’unico modo per attirare l’attenzione, e riuscire a fare beneficenza, è fare gossip. Decide così di fingersi innamorata di un giovane napoletano, Antonio De Biase (Alessandro Siani), che vive alla giornata. Lui si trasferirà nel principato, con i suoi amici e sua cugina (Serena Autieri), dove verrà fotografato in più occasioni con la principessa, in modo da colpire l’opinione pubblica.

Ormai innamorato Antonio scopre, però, l’inganno. Starà a lui dover cambiare il suo carattere da popolano per conquistare la bella principessa. Un boom l’esordio dietro la macchina da presa del comico napoletano Alessandro Siani, che ha sbancato tutti i box office italiani con Il principe abusivo, commedia in salsa favolistica, che ha anche sceneggiato insieme a Fabio Bonifacci (al lavoro in Lezioni di cioccolato e l’imminente Amiche da morire). Per ragionare sull’incredibile successo della pellicola, bisognerebbe farsi qualche domanda: come mai, nonostante un soggetto molto semplice e “da fiaba” (povero vs ricco, buono vs cattivo, bella vs brutto, intelligente vs stupido) il film ha incassato così tanto? E inoltre come mai, nel resto d’Italia, e non solo in Campania, ha avuto questo successo, nonostante la maggior parte delle battute recitate in napoletano?

La risposta è incarnata (in tutti i sensi) nella figura di Alessandro Siani, ormai entrato nelle simpatie degli spettatori, non solo grazie alle partecipazioni a vari cinepanettoni e simili, ma soprattutto ai suoi primi due film (diretti però da Francesco Ranieri Martinotti) e nel successo dei due Benvenuti al Sud e sequel, dove incarna il buono, bello e simpatico ragazzo meridionale alle prese con l’eterno divario Nord vs Sud. Purtroppo Siani è bravo, davvero, ma la sua recitazione rimane ancorata, e in molti tratti è fin troppo evidente, a quella dello straordinario Massimo Troisi, che oltre al taglio di capelli (che richiama al primo film diretto da Troisi, Ricomincio da tre) ne imita movenze, tempi comici o modulazioni di voci.

Il tutto risulta molto confuso, spostando il ruolo (e l’interpretazione) di Siani, unico motore, perno e fulcro della vicenda, tra Totò (per molte situazioni) e la commedia degli equivoci classica. L’attore napoletano, inoltre fa leva molto sulle “abitudini” poco civili del suo personaggio, già caratteristiche peculiari del famosissimo personaggio di Tatore, portato in giro, con successo, in molti teatri d’Italia con i suoi spettacoli. Insomma squadra che vince non si cambia. A confermare la centralità del ruolo di Siani, la prova degli attori comprimari, che non hanno nessun sviluppo narrativo (l’esempio lampante è quello della principessa, che rimane “anonima”), ma che arrivano tutti a fare, a un certo punto, da “spalla”: come Christian De Sica, che, ancora una volta con il suo ruolo da gentleman dal cuore un po’ rozzo, che, nel preparare il “povero” in “ricco”, rende omaggio non solo al padre (il finale di Pane, amore e.. ) ma ribalta il ruolo che fu suo in Il conte Max.

Bravi, ma troppo in ombra, come accennato, tutti gli altri: Serena Autieri, Lello Musella, Marco Messeri (altro collegamento forse col cinema di Troisi?). Due punti vanno alla colonna sonora originale e alle location, frutto dello splendido paesaggio della incantevole Merano, dove si svolge parte della vicenda principesca. A tratti, la bellezza paesaggistica, sembra avere maggiore valenza della sceneggiatura, che, davvero, è un susseguirsi di cliché, situazioni già note e troppo, troppo prevedibili e che ricatapulta il mondo della commedia all’italiana (come da tempo ormai) in una sorta di mondo favolistico e perfetto, dove c’è la crisi (Siani nel film vive di espedienti) ma si risolve tutto col sorriso sulle labbra, senza fare i conti, forse, con la cruda realtà.

Ma il film di Siani è tra le commedie dell’anno, entrando nella top ten dei maggior incassi visti nella stagione cinematografica, battendo La migliore offerta di Tornatore. Si ride di gusto in molti tratti della pellicola, sfiorando però l’appiattimento narrativo in altri punti, sorta di “tempi morti” tra uno sketch di Siani e l’altro: Il principe abusivo, non solo è azzurro (da tifoso e da regola delle fiabe) ma è anche una godibile commedia dal sapore surreale, capace di farci dimenticare, per un’ora e mezza, dei terribili guai della nostra Italia.