Questa domenica facciamo tappa al Gran Caffè Gambrinus, cuore della vita culturale e letteraria di Napoli. Da sempre politici, giornalisti, intellettuali e artisti di fama internazionale ne fanno il luogo dove incontrarsi, discutere e scrivere versi, come nella migliore tradizione europea del caffè letterario. Sono da poco passate le undici. Davanti ad una fumante tazza di caffè mi lascio distrarre da un cartello: «qui il maestro Fummo ha festeggiato il suo 12milionesimo caffè».

«Quando?», chiedo incuriosito. Mi risponde proprio lui, Giovanni Fummo, 67 anni, il dipendente più anziano, titolare di questo primato particolarissimo: «venerdì 10 agosto 2012 ho servito la mia dodicimilionesima tazzina di caffè». Caspiterina, penso. Lì vicino scopro, poi, un virgolettato: «ho misurato la mia vita a cucchiaini di caffè», attribuito a Thomas Stearns Eliot, poeta e critico letterario statunitense.

Pensandoci bene è così. Il caffè misura la vita di tutti. Rafforza l’umore, mette le ali all’immaginazione e consolida i muscoli alla creatività. A volte basta anche solo il suo aroma. Quella fragranza che rappresenta uno degli odori più rassicuranti: odora di radici, di nucleo familiare, di cose vicine.

Prendere il caffè al Gambrinus è ormai tappa obbligata per qualsiasi visita della città: non c’è un solo viaggiatore che, arrivato a Napoli, rinunci a questa «piacevole sosta». Lo sanno bene i Presidenti della Repubblica. A Giorgio Napolitano e lady Clio, infatti, non manca la consuetudine venire qui nei primi giorni dell’anno. Quella del 3 gennaio scorso è stata l’ultima del settennato, tant’è che i proprietari dello storico locale, Antonio e Arturo Sergio, hanno deciso di conservare le tazzine usate dalla coppia presidenziale e di esporle, senza lavarle, in una vetrina.

Mi raccontano che Napolitano ha anche domandato, curioso, se esista ancora la tradizione del «caffè sospeso», la pratica di tutti i napoletani di pagare un caffè in più rispetto a quello consumato, così da offrirlo a chi ne ha bisogno. «Al Gambrinus – ripetono i camerieri – non è mai venuta meno: qualche tempo fa un turista ne ha addirittura pagati per cento euro».

In queste sale dorate si sono avvicendati personaggi illustri d’ogni paese. Scrittori di fama internazionale come Oscar Wilde, Ernest Hemingway, Jean Paul Sartre e gli esponenti più illustri della canzone e del teatro napoletano come Ernesto Murolo, Eduardo Scarpetta, Totò, i fratelli De Filippo. Per fare dei nomi. Non solo. Anche personalità dell’elite intellettuale vesuviana.

Assiduo frequentatore del Gambrinus il poeta Gennaro Rainone di Carbonara di Nola, amico di  Libero Bovio, Giuseppe Capolongo, Elvira Donnarumma e Gaetano Lama. Con lui il musicista Giovanni Ingenito di Palma Campania: un virtuoso di pianoforte e tromba, tanto da suonarli con una sola mano dopo il brutto incidente che lo vide travolto da una carrozza. Nel 1894 Rainone, appena diciannovenne, assaporò il gusto del successo. La sua canzone Nannina, presentata alla Festa di Piedigrotta, gli regalò i primi brividi. Venne musicata proprio da Ingenito.

Proprio fuori da questo affascinante caffè letterario (il nome deriva dal leggendario re delle Fiandre inventore della birra) il pittore Pietro Salvatore Caliendo di Palma Campania, ritrasse il poeta Salvatore Di Giacomo e il pittore Michele Cammarano seduti ad un tavolo. Un aneddoto riferito dallo stesso Caliendo (che nei suoi viaggi ebbe modo di conoscere Massimo Gorkij e Pablo Picasso): «il maestro Cammarano mi guardava sottecchi, mentre io cercavo di ritrarli nel migliore dei modi. Di Giacomo e Cammarano rimasero molto soddisfatti e apposero la firma, ognuno sotto la propria figura, in segno di congratulazione e di approvazione. Il poeta lo volle per sé, malgrado avessi fatto capire che l’avevo fatto per avere un ricordo di loro due. Di Giacomo promise di mandarmi la foto del disegno. Dopo un mese me la mandò».

Ops, dimenticavo il mio caffè. Mi affretto, altrimenti si fredda. Alla prossima settimana.

Pasquale Iorio >>> seguimi su Fb  >>> appuntamento a domenica 10 marzo