Per uno strano e scherzoso inconveniente politico, un semplice bibliotecario, all’anagrafe Giuseppe Garibaldi, dedito alla passione per la pesca, viene eletto Presidente della Repubblica Italiana. Incredulo, e deciso in un primo momento a mollare il ruolo, si convince di dover rimanere in carica per evitare di farsi sopraffare, e con lui tutti i cittadini, dalla politica corrotta. Sarà lui, con le sue rocambolesche prese di posizione, a farsi amare e dare un volto nuovo alla politica italiana. In un periodo quanto mai precario (in tutti i sensi), il nuovo film di Riccardo Milani, Benvenuto Presidente! è di un’attualità sconvolgente, visto che si avvicina la fine del mandato del presidente Giorgio Napolitano.
Cosa succederebbe se a governare ci fosse un uomo qualunque? Certo il cambio di rotta del regista, che dal fulminante La guerra degli Antò (che analizzava, bene e con goliardia, alcune forti tematiche nostrane) ha proseguito, lentamente (passando per il poco convincente Piano, solo del 2007), fino alla regia televisiva (ultimo lavoro l’interessante biopic su Modugno), lascia un po’ con l’amaro in bocca, relegandosi, fin troppo spesso, al semplice e accademico “mostrare” (a modo quasi documentaristico) gli sfarzosi spazi delle location nelle quali si svolge la vicenda (tra gli altri il Quirinale e Palazzo Reale di Torino), registrando il reale attraverso uno sguardo, a tratti, da piccola sit-com nostrana. Ma la mission della pellicola, quella di fare satira, è davvero ben orchestrata e le “frecciatine” fanno sempre centro: c’è il quadro disarmante del qualunquismo, la potenza della corruzione politica (e della Chiesa), il dominio indiscusso delle raccomandazioni in ogni ramo della società civile, la difficoltà dell’essere troppo vicini alle persone comuni, ai cittadini.
Il tutto tenuto in piedi, non tanto da una sceneggiatura fin troppo prevedibile e che manca assolutamente di spessore, ma da un gruppetto di attori, che, se non in formissima, regalano piacevoli momenti di divertimento, a suon di metafore servite su un piatto d’argento anche allo spettatore meno attento. Lo stesso trio di politici corrotti, composto da Cesare Bocci, Massimo Popolizio e Giuseppe Fiorello (i più in vena del cast) non sono che la fotografia (rispettivamente di Nord, Centro e Sud Italia) di una politica senza scrupoli, pronta ad agire su tutti i fronti contro il povero Presidente, impersonato da un istrionico (ma il “troppo guasta” diceva un vecchio proverbio) Claudio Bisio, affiancato da una meno convincente Kasia Smutniak, nel ruolo di Janis, vice segretario nazionale e assistente personale del presidente, affascinante sì, ma più in forma nei panni della madre di famiglia del già recensito Tutti contro tutti.
Snervante la brutta figura fatta da altre comparse, due su tutte Remo Girone (nei panni di un esperto di comunicazione) e Patrizio Rispo (un colonnello): il problema, come si accennava, è il lavoro fatto al soggetto (di Nicola Giuliano, finora solo produttore, ma di pellicole di spessore come Il gioiellino e This Must Be the Place) e alla sceneggiatura, che porta la firma di Fabio Bonifacci, autore della comunque, a tratti, convincente, pellicola Amiche da morire. Seppur con qualche sforzo (inutile), la stessa costruzione del personaggio principale, cade sotto i pezzi della prevedibilità, della battuta volgarotta, l’happy ending inevitabile tra i due protagonisti, il Presidente che uscito per una pizza (!) soccorre un senza tetto: insomma, situazioni standard da commedia di serie Z (altro che B), ma che lasciano il sorriso sulle labbra, visto che non sono altro che piccoli pretesti, piccole cornicette per innescare la ben più congeniata satira al “sistema” Italia. Divertenti alcuni camei: Pupi Avati e Lina Wertmüller (nei panni dei feroci “poteri forti”), Steve Della Casa, Gianni Cavina (nel ruolo di un inossidabile spia segreta) e Piera Degli Esposti (madre hippie della povera Janis).
Buona la direzione della colonna sonora a cura di Andrea Guerra e interessante il lavoro svolto alla fotografia da Saverio Guarna, che riesce, nonostante la piatta regia, a dipingere volti, luoghi e situazioni con quel giusto pizzico, a volte, di malinconia. Un altro tentativo fallito (uno su tutti Qualunquemente e il successivo Tutto tutto niente niente del duo Albanese/Manfredonia) di riuscire a fare cinema politico/satirico, miscelandolo a una commedia scritta per bene, Benvenuto Presidente! resta comunque un film attualissimo, che punzecchia silenziosamente e senza alcun dolore le nostre povere coscienze, pronte più a ridere sulla forza della corruzione della politica italiana, più che di un povero e inadatto Presidente Bisio, che dal pulpito addita i telespettatori: “Siamo pronti a puntare il dito, non è che forse siamo noi a dover cambiare?”.