Entro il 31 marzo 2013 la Regione Campania, dovrà delimitare nuovamente la “zona rossa” e calcolare il numero di residenti da evacuare in caso di eruzione del Vesuvio. Poggiomarino è al centro della questione, l’ipotesi più plausibile al momento è che il comune venga suddiviso in due zone rosse, la seconda delle quali comprenderà  gran parte del territorio cittadino e non sarà soggetta ai vincoli previsti dalla legge regionale n. 21 del 2003 (“Norme urbanistiche per i comuni rientranti nelle zone a rischio vulcanico dell’area vesuviana”) e all’interno di essa potrà essere applicato il “Piano Casa”, proprio come avviene adesso.
Ma la preoccupazione, com’è ovvio, non va solo alle infrastrutture ma sopratutto alle persone potenzialmente a rischio in caso di un’eruzione esplosiva.
Per il capo del dipartimento della Protezione civile, Franco Gabrielli, non sarebbe da escludere neanche un’evacuazione via mare. “Il piano d’emergenza sino ad ora ha pensato solo al trasporto su gomma, ma è un’ipotesi che non mi sento di escludere in partenza”.
Si parla di piano d’emergenza, anche se sul sito della Protezione Civile l’ultimo aggiornamento dello stesso risale al 2006, e prevede i seguenti fenomeni e conseguenti rischi associati:
«Nella fase iniziale dell’eruzione si solleva fino a 15-20 chilometri di altezza una colonna eruttiva composta di gas e frammenti piroclastici, seguita dalla ricaduta a terra di pomici, lapilli e ceneri trasportati dal vento. Il rischio è correlato al carico esercitato dalla coltre piroclastica sui tetti degli edifici di cui provoca eventualmente il crollo, nonché alle difficoltà respiratorie, alla contaminazione delle colture e dell’acqua, alle difficoltà di autorizzare vie di fuga e agli ingorghi stradali. Il territorio che può subire questi fenomeni è indicato come zona gialla. Questa zona comprende 96 comuni delle province di Napoli, Avellino, Benevento e Salerno per un totale di circa 1.100 chilometri quadrati e 1.100.000 abitanti.
Nella fase successiva, la colonna eruttiva collassa producendo colate piroclastiche che possono raggiungere velocità dell’ordine di 100 km/h e un enorme potere distruttivo. I modelli fisico-numerici indicano che dal momento del collasso della colonna eruttiva, le colate piroclastiche impiegheranno 5-10 minuti per raggiungere la costa. Il territorio esposto a questo rischio è definito zona rossa, comprende 18 comuni è per un totale di circa 200 chilometri quadrati di estensione e poco meno 600.000 abitanti. Nella terza fase si possono generare colate di fango anche a distanza di giorni dall’eruzione. I territori soggetti a questo rischio sono indicati come zona blu che include 14 comuni della provincia di Napoli per un totale di 180.000 abitanti. Inoltre, i comuni diTorre del Greco e Trecase, presentano un’elevata pericolosità da invasione di lave pur trovandosi ad una certa distanza dal cratere sommitale».
Intanto, si continua ad edificare e la popolazione continua a crescere nei territori interni alle fasce a rischio. Secondo degli studi recenti dal 1951 al 2001 nell’insieme dei 18 comuni considerati “zona rossa” vi è stato un sensibile incremento demografico, pari al 56,3 per cento, da 353.172 a 551.837 abitanti. Questo dato ha ovviamente causato una crescita della densità abitativa, nonché una moltiplicazione esponenziale del numero di abitazioni, da 73.141 a 187.407 edifici.
L’ultima eruzione risale al 1944, e da allora allora sono stati riconosciuti 18 cicli eruttivi separati da brevi intervalli di stasi inferiori a 7 anni. Gli studi scientifici hanno consentito di accertare che nei periodi di quiescenza, il magma si è accumulato in una camera posta a 5-7 chilometri di profondità.
La riuscita del cosiddetto “piano di emergenza” dipende dalla capacità di prevedere l’eruzione del Vesuvio con sufficiente anticipo. In ogni caso, allo stato attuale delle cose, vi sarebbe una difficoltà oggettiva, anche se la popolazione fosse adeguatamente pronta e preparata, nell’evacuare una zona densamente abitata come quella vesuviana.