La spazzatura che brucia nei roghi appiccati nella Terra dei Fuochi è costituita da materiale di vario tipo: gomma, tessuti tessili, rifiuti solidi urbani, plastiche, ma anche elettrodomestici, amianto, sostanze chimiche. E’ risaputo che tra i prodotti della combustione di queste sostanze vi sia la famigerata diossina, composto organico altamente tossico e non biodegradabile.
Il modo attraverso il quale questa sostanza impatta sull’ambiente è innanzitutto l’inquinamento atmosferico. E così, dal momento che spesso i roghi sono appiccati nei centri abitati o comunque a breve distanza da essi, la diossina viene respirata dalla gente causando patologie all’apparato respiratorio che si manifestano in tempi brevi.
Ma la diossina provoca danni anche in maniera indiretta. Essa, infatti, è responsabile anche di un notevole inquinamento del suolo, con un impatto ambientale addirittura peggiore di quello provocato dall’inquinamento atmosferico. Ciò accade perché si tratta di una sostanza a bassa volatilità, tale cioè da avere una scarsa tendenza ad evaporare: pertanto, quando la nube tossica ricade a terra, tutte le sostanze chimiche in essa contenute, tra cui appunto la diossina, si depositano sulle case, sulle piante, sulle coltivazioni, e si infiltrano nel terreno.
A tal proposito, va sottolineato che, una volta ingerita insieme agli alimenti che direttamente o indirettamente ne sono contaminati, la diossina è caratterizzata da una lunghissima emivita e quindi viene smaltita dall’organismo con molta lentezza: in altre parole, rimanendo per molto tempo nei corpi di chi le ingerisce, essa ha notevoli possibilità di causare danni, spesso letali. In pratica, quelle malattie tumorali che molte volte si manifestano dopo anni dal primo contatto con le sostanze tossiche.
Se poi, oltre a tutto questo, teniamo presente che anche il percolato prodotto dalle tonnellate di rifiuti tossici abbandonati nelle discariche abusive si infiltra nel suolo, si può facilmente intuire quali siano le proporzioni del disastro ambientale. Tra tutte, la cosa in assoluto più grave è senz’altro la contaminazione della falda acquifera. Se non altro, per l’importanza della risorsa in questione e per gli usi che se ne fanno. Si stima che i reati ambientali che si sono verificati e che tutt’oggi in Campania suscitano l’indignazione e la rabbia della gente, raggiungeranno l’apice della loro virulenza intorno al 2060.
In quegli anni, quando l’attuale ciclo delle acque sarà ultimato, le falde acquifere della Terra dei Fuochi saranno completamente sature di sostanze tossiche e l’acqua in esse contenuta, da fonte di vita si trasformerà in veleno. Un indicibile peccato visto e considerato che le acque in questione sono spesso pregiate e dai sapori unici al mondo.
Le future generazioni, insomma, avranno di che dolersi e anche se i progressi della scienza medica riusciranno a porre un freno alla mortalità provocata da alcune patologie, nulla resterà di quella che una volta era la Campania Felix. Se non un nome nei libri di storia. Certo, oggi si potrebbe intervenire, si potrebbe ancora fare qualcosa: per esempio, impedire che i roghi continuino, bonificare le discariche abusive, effettuare politiche ambientali più accurate e mirate a prevenire altri disastri. Basterebbe soltanto un po’ di impegno, semplicemente che chi è pagato per intervenire lo facesse, in modo serio, senza compromessi né mezze misure.
Quanto meno il danno già cagionato, comunque notevole e per certi aspetti irreversibile, non inciderebbe sulla vita della gente più di quanto non stia già facendo. Basterebbe soltanto che qualcuno ricordasse che l’Italia, nonostante tutto, è ancora uno Stato civile. Noi siamo costretti ad aspettare: la Terra dei Fuochi, intanto, continua a bruciare.