La Sanità secondo i candidati al Governo. Federalismo, ticket, tagli, piani di rientro, Lea: sono tante le questioni aperte sul tavolo della sanità. Numerosi nodi che i partiti in corsa per le prossime politiche saranno chiamati a sciogliere. Almeno quelle formazioni che, stando ai sondaggi, hanno le maggiori probabilità di uscire vincenti dalle urne del 24 e 25 febbraio o comunque in grado di incidere nella formazione del prossimo governo: Pd, Pdl, Lista Monti, Movimento 5 stelle.

Quattro programmi – anche se per il Pd si tratta ancora di linee generali – un solo obiettivo: rilanciare il Servizio sanitario nazionale, difendendo la sua natura pubblica, universale e solidale. Analizzando nel dettaglio programma per programma non mancano le sorprese. Una su tutte: all’interno del manifesto programmatico del PDL non si fa mai cenno alla sanità. A spiegare questa scelta sono fonti interne al partito di via dell’Umiltà: “La sanità – sottolineano dal PDL – è una materia di competenza strettamente regionale.

Non dedicare un capitolo ad hoc alla sanità è stato quindi voluto. Proprio perché materia regionale pensiamo che il Servizio Sanitario nazionale debba avere un forte impianto federale”. E’ infatti nel capitolo dedicato all’Italia federale che nel programma – senza citarla – si fa cenno alla sanità: “I costi dei beni e dei servizi, ivi compreso il costo del personale, in tutte le Regioni e gli enti pubblici, devono essere relativi al valore più basso”. Un punto, questo, caro al leader del PDL, Silvio Berlusconi: “Nella sanità – ha detto – ci sono dei divari importanti sul costo del singolo prodotto. In alcune regioni un termometro o una siringa vengono pagati molto di più. L’introduzione dei costi standard è quindi assolutamente importante, così che tutti gli acquisti possano adeguarsi al costo più basso”. In senso generale, comunque, l’ex premier ha però sottolineato che “serve una profonda riforma del Servizio Sanitario Nazionale”.

Il Pd di Bersani  propone comunque delle linee generali. Un ‘libro’ a cui probabilmente manca qualche capitolo, ma con un titolo già bello e fatto e inequivocabile: “La sanità deve restare pubblica”. Più nel dettaglio, il Partito democratico reclama lo stop ai tagli lineari, l’attuazione dei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza, la riorganizzazione della medicina del territorio. Per il Pd “la sanità italiana costa meno che negli altri Paesi europei e non ha bisogno di tagli”. Anzi, “sono indispensabili maggiori investimenti per l’ammodernamento strutturale e tecnologico e per la messa in sicurezza della rete ospedaliera”. E ancora. Secondo il PD, “i partiti politici devono stare fuori dalle nomine della sanità. E servono regole più stringenti per la scelta dei Direttori Generali delle Asl, curricula verificabili, obiettivi misurabili e sistemi di valutazione durante e al termine dell’incarico”. In materia di federalismo il partito di Bersani propone “costi standard basati su criteri che non penalizzino le realtà più disagiate”.

C’è poi la ‘grana’ ticket. “Bisogna evitare – spiega Paolo Fontanelli, responsabile sanità Pd – l’ulteriore incremento da 2 miliardi previsto nel 2014. Una soluzione potrebbe essere quella di legare i ticket al reddito, ma solo dopo una riforma del sistema fiscale. Altrimenti si andrebbero a penalizzare i soliti noti che già pagano le tasse”. L’aumento dei ticket previsto dalla manovra Tremonti del 2011 è un punto sensibile, trattato anche nei programmi di Mario Monti e del leader del M5S, Beppe Grillo. Nella cosiddetta agenda Monti i ticket sanitari non vengono citati in modo esplicito, però si fa riferimento alla riforma dell’Isee (Indicatore situazione economica equivalente), “per rendere più obiettivo e trasparente l’accesso alle prestazioni agevolate di oltre 20 milioni di italiani, con una particolare attenzione alle famiglie numerose e per quelle con figli molto piccoli”. Sulla questione, il programma del M5S non lascia invece spazio ad interpretazioni: i ticket devono essere “proporzionali al reddito per le prestazioni non essenziali”.

Al di là dei ticket, per Monti il SSN è al bivio: o si cambia o il cittadino dovrà rassegnarsi a una politica lacrime e sangue, fatta di tagli e riduzioni di servizi. Per scongiurarli, la strada da intraprendere sembra obbligata: lotta agli sprechi, razionalità e innovazione. Secondo il premier uscente, dal momento che l’attuale modello di welfare “si sta incrinando sotto il peso del cambiamento demografico e della sempre più difficile sostenibilità finanziaria”, è necessario trovare delle contromisure. “Abbiamo due alternative”, spiega Monti nella sua agenda. “O cercare di conservare il welfare state com’è, rassegnandoci a tagli e riduzioni di servizi per far fronte ad una spesa sempre crescente, o provare a rendere il sistema più razionale e aperto all’innovazione”. Per il premier uscente, “nel settore dell’assistenza sanitaria bisogna garantire il diritto alla tutela della salute in un nuovo contesto, organizzando il sistema sanitario secondo i principi di appropriatezza delle cure, costo/efficacia, riduzione al massimo degli sprechi, gestione manageriale basata su una valutazione trasparente dei risultati.

Senza contrapporre sanità pubblica e sanità privata, perché ombre e luci, meriti e sprechi, esistono in entrambe”. Su un punto il programma di Monti si avvicina molto agli altri: “Il Servizio sanitario nazionale – si legge – resta una conquista da difendere e rafforzare attraverso innovazione, efficienza e professionalità”. Secondo il M5S, “l’Italia è uno dei pochi Paesi con un sistema sanitario pubblico ad accesso universale. Due fatti però stanno minando alle basi l’universalità e l’omogeneità del SSN: la devolution, che affida alle Regioni l’assistenza sanitaria e il suo finanziamento e accentua le differenze territoriali, e la sanità privata che sottrae risorse e talenti al pubblico. Si tende inoltre ad organizzare la sanità come un’azienda e a far prevalere gli obiettivi economici rispetto a quelli di salute e di qualità dei servizi”.

Ecco nel dettaglio qualche proposta inserita nel programma Salute del M5S: “Garantire l’accesso alle prestazioni essenziali del Ssn universale e gratuito; promuovere l’uso di farmaci generici e fuori brevetto, meno costosi rispetto ai farmaci di marca; proibire gli incentivi economici agli informatori scientifici sulle vendite dei farmaci; separare le carriere dei medici pubblici e privati; incentivare la permanenza dei medici nel pubblico”.